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pubblicata su LexItalia.it- www.lexitalia.it n. 2/2007

 

rivista di diritto pubblico diretta dal Prof. Avv. G. Virga dell'Università di Palermo

 

Alessandro Biamonte

Potere di negoziazione, condizioni oggettive dell’appalto
e limiti estrinseci dell’imparzialità

TAR LOMBARDIA - MILANO, SEZ. I - sentenza 30 gennaio 2007 n. 107 - Pres. Piacentini, Est. Altavista - I.I. S.p.A. (Avv.ti Alessandro Biamonte, Franco Iadanza e Francesco L. De Luca) c. E. S.p.A. (Avv.ti Greco, Griselli, Muscardini e Salvadori) e ATI A.I. – C.G.I. S.p.A. (Avv.ti Salvatori del Prato e Asaro)  - (accoglie e condanna al risarcimento del danno).

1. Giustizia amministrativa - Atti endoprocedimentali - Procedure negoziate e prequalifica - Impugnabilità - Suscettibili di gravame unitamente all'atto conclusivo.

2. Contratti della P.A. - Procedura negoziata - Requisiti soggettivi - Prequalifica - Devono essere posseduti e comprovati già in tale fase - Acquisizione successiva alla prequalifica - Impone l'esclusione.

3. Contratti della P.A. - Procedura negoziata - Riunioni temporanee di imprese - Modificazione soggettiva interna - "Suggerita" dalla stazione appaltante nella fase di prequalificazione - Al fine conseguire requisiti di partecipazione prima non posseduti - Illegittimità.

4. Contratti della P.A. - Risarcimento del danno - Violazione del principio dell'imparzialità - Compete.

5. Contratti della P.A. - Risarcimento del danno - Ammontare - Art. 345 L. 20 marzo 1865 n. 2248 allegato F e 37 – septies L. 11 febbraio 1994 n. 109, introdotto dall’articolo 11 della legge 17 novembre 1998 n. 415Misura - 10% dell'importo dell'appalto - Applicazione.

1. Nelle procedure negoziate, le censure relative alla illegittima ammissione di un concorrente sono da intendersi tempestive con l’impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento. Non sussiste alcun onere di immediata impugnazione dell’atto endoprocedimentale con cui l’Amministrazione valuti i requisiti di partecipazione alla procedura dei concorrenti (conf.: Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2001, n. 1247; T.A.R. Campania - Napoli, 25 luglio 2003, n. 10090; T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, 20 giugno 2005, n. 5158);  tale principio è applicabile anche quando vi sia una prima fase di prequalificazione.

2. Nella procedura negoziata di cui alla Direttiva CEE 2044/17/CE in materia di settori esclusi, il possesso dei requisiti previsti dal bando deve sussistere sia nella fase di prequalificazione sia nella fase concorsuale vera e propria. La carenza degli stessi requisiti già nella prima delle citate autonome fasi preclude l’accoglimento della richiesta di invito, e non può in alcun modo essere sostituito dal sopravvenuto possesso nell’ambito della successiva fase concorsuale vera e propria, mentre la sopravvenuta perdita dello stesso in capo ad un’impresa che aveva superato positivamente la fase di prequalificazione, ne impone l’esclusione (T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, 20 giugno 2005, n. 5158).

3. Illegittimamente una stazione appaltante,  di procedura negoziata, nella fase di prequalificazione delle imprese, in violazione di legge e del principio di imparzialità nelle gare pubbliche, consente (anzi, suggerisce) una modifica soggettiva all’interno del raggruppamento temporaneo di imprese poi risultato aggiudicatario onde fare conseguire a quest'ultimo la qualificazione; infatti, anche se modificazioni soggettive sono possibili nella fase di prequalificazione, queste non possono in ogni caso servire a consentire di aggiungere requisiti di partecipazione prima non posseduti. L’invito alla modificazione  non può per giunta provenire dalla stessa stazione appaltante.

4. Ai fini del risarcimento del danno e per l’accertamento dell’elemento soggettivo non deve farsi riferimento all’atteggiamento psicologico dell’agente, ma al funzionamento dell’apparato pubblico, al fine da verificare se, in concreto, esso sia stato tale coerente con le regole di legalità, imparzialità e buon andamento che devono presiedere, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, all’esercizio della funzione amministrativa. Ne consegue che il comportamento della stazione appaltante che abbia consentito la modificazione soggettiva che, diversamente, avrebbe imposto l'esclusione, legittima il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno ingiusto.

5. Il danno non potendo essere provato nel suo preciso ammontare, va determinato in via equitativa nel dieci per cento del corrispettivo contenuto nell’offerta della ricorrente, con riferimento al criterio offerto dagli articoli 345 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 allegato F sui lavori pubblici, che fissa nella decima parte del valore le opere non eseguite il corrispettivo a carico dell’amministrazione per il recesso anticipato dal contratto, e 37 – septies della legge 11 febbraio 1994 n. 109, introdotto dall’articolo 11 della legge 17 novembre 1998 n. 415, che fissa nella stessa misura l’"indennizzo a titolo di risarcimento per mancato guadagno" nel caso di risoluzione del rapporto di concessione di opera pubblica per inadempimento del concedente (Consiglio Stato, sez. V, 11 maggio 2004, n. 2962).

 

ALESSANDRO BIAMONTE
Potere di negoziazione, condizioni oggettive dell’appalto
e limiti estrinseci dell’imparzialità

La modificabilità soggettiva in fase di prequalifica non può trasfondersi in uno strumento che consenta di aggiungere requisiti non posseduti, «ma soprattutto l’invito ad una modificazione di tal specie non può provenire dalla stessa stazione appaltante».

Appare significativo estrapolare, tra i molteplici spunti di riflessione offerti dalla sentenza in rassegna, un argomento che, prima facie, potrebbe confondersi con il dibattito dottrinale e giurisprudenziale in tema di modificazione soggettiva dell’ATI, ma che, nella specie, assume significato diverso sotto il profilo della coerenza dell’azione amministrativa con il precetto costituzionale dell’imparzialità.

Non può ignorarsi come l’argomento della (im)modificabilità sia stato ripetutamente percorso, e come la stessa Autorità per i Lavori Pubblici (vedasi determina n. 15/2001 del 18 luglio 2001) abbia sentito, in passato, l’esigenza di soffermarsi sulle deroghe al divieto, contemplato dall’articolo 13, comma 5 bis, della legge n. 109/1994, di modificare la composizione delle associazioni temporanee di imprese rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta. Di qui l’affermazione che il divieto di qualsiasi modificazione alla composizione delle associazioni temporanee di imprese rispetto a quelle risultanti dall’impegno presentato in sede di offerta deve configurarsi come principio generale, a fronte dell’eccezionalità di disposizioni quale quella di cui all’articolo 94 del D.P.R. n. 554/1999, (che consente di proseguire il rapporto nel caso di fallimento dell’impresa mandataria o di un’impresa mandante e, qualora la mandataria o la mandante sia una impresa individuale, anche in casi di morte, interdizione, inabilitazione del suo titolare) e all’articolo 12 del D.P.R. n. 252/1998, che costituisce normativa speciale in materia di ordine pubblico, compatibile con la disciplina generale sui lavori pubblici, deroga al generale anzidetto divieto di cui all’articolo 13, comma 5 bis della legge 109/94 e successive modificazioni.

La fattispecie esaminata, tuttavia, assume dei caratteri peculiari.

Oggetto dell’appalto era la Fornitura in opera di di evaporazione-cristallizzazione. La gara si è svolta con il metodo della procedura negoziata con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Ancorché si versasse in ipotesi di prequalifica (fase per la quale il Tribunale meneghino, aderendo ad una interpretazione elastica, ammette incidentalmente la modificazione), carattere dirimente, nel senso dell’illegittimità dell’operato della stazione appaltante, è stato individuato nello specifico comportamento della stessa, che, accertata la carenza dei requisiti in capo alla mandataria, invece di procedere all’esclusione, ha «suggerito» l’inversione dei ruoli, contravvenendo al generale principio di imparzialità.

Pertanto, a fronte della snellezza caratterizzante la fase, sostanziantesi in un procedimento (procedura negoziata) caratterizzato per sua natura da una collaborazione (rectius: negoziazione) tra le parti, «non si può ritenere che tale collaborazione riguardi anche elementi fondamentali per la partecipazione». In breve, «la collaborazione non può evitare l’esclusione di un concorrente privo di reguisiti».

Nell’originaria composizione, la mandataria, secondo la dichiarazione prodotta in sede di partecipazione, avrebbe svolto l’ingegneria di dettaglio (fornendo materiali meccanici, elettrici e strumentali); la mandante, invece, si sarebbe occupata dell’ingegneria di base, della fornitura delle principali apparecchiature, dell’assistenza al commissioning e all’avviamento degli impianti.

Il bando di gara, anche in ragione dell’elevato contenuto specialistico dell’appalto, prevedeva in modo estremamente preciso i requisiti che avrebbero dovuto possedere le imprese partecipanti, precisando che in caso di associazione temporanea di imprese, «tutte le imprese associate» avrebbero dovuto possedere singolarmente i requisiti, specificando che quelli specialistici ulteriori (dimostrazione di aver fornito di impianti analoghi di specifici importi e pregressa progettazione, e contestuale fornitura, di sistemi di concentrazione e cristallizzazione in centrali termoelettriche) dovevano essere espressamente dimostrate dalla mandataria (la quale avrebbe formulato l’offerta anche in nome e per conto della mandante).

I verbali di prequalifica hanno dimostrato una inequivoca distorsione: la Commissione esaminatrice ha riconosciuto l’assenza di ogni referenza in capo alla designata mandataria, riconoscendo in modo altrettanto esplicito che «ciò appare in contrasto con le prescrizioni del bando che impone che le referenze siano della mandataria».

Ciò nonostante, invece di procedere all’esclusione, la stazione appaltante, ha poi proceduto all’esame delle referenze della mandante e quindi, dopo averne ritenuto «accettabile» l’offerta con l’espressa prescrizione (anzi «suggerimento», per seguire l’icastica espressione del T.A.R.) dell’inversione dei ruoli.

Comportamento censurato dal Tribunale, in quanto in una procedura negoziata con pubblicazione del bando di gara – pur caratterizzata dalla consultazione dei candidati mediante negoziazione delle condizioni dell’appalto – tale potere (di negoziazione) «si deve ritenere limitato alle condizioni oggettive dell’appalto, ovvero a quelle che riguardano la prestazione».

In questo caso assume carattere preminente il rispetto del precetto dell’imparzialità di emanazione costituzionale, a garanzia della parità tra i concorrenti. Parità che, evidentemente, non può ritenersi tutelata allorquando la stazione appaltante indichi esplicitamente una modificazione che incida sull’ammissibilità dell’offerta.

v. anche il testo del commento dell'Avv. Alessandro Biamonte su

rivista diretta dal Prof. P. Cendon dell'Università di Trieste

Imparzialità dell’Amministrazione e danno da mancata aggiudicazione*.

L’evoluzione giurisprudenziale dopo avere risolto, in modo pressocché univoco, la questione della pregiudizialità amministrativa, si è atteggiata su posizioni che attribuiscono rilievo sempre crescente ad una attenta valutazione della gravità della violazione commessa dall’Amministrazione e censurata (in sede pregiudiziale) giurisdizionalmente (presupposto per l’azione risarcitoria). Ciò sulla scia della giurisprudenza comunitaria (Corte Giustizia C.E., 5 marzo 1996, cause riun. nn.46 e 48 del 1993; 23 maggio 1996, causa C5 del 1994) che attribuisce valenza pressoché decisiva alla gravità della violazione, indicando in aggiunta, quale parametro valutativo, il grado di chiarezza e precisione della norma violata; la presenza di una giurisprudenza consolidata sulla questione esaminata e definita dall’amministrazione; il carattere di novità di quest’ultima.

Una tale impostazione, portata agli estremi, reca in sé il costante rischio di dare luogo all’introduzione di una vera e propria esimente all’errore di diritto dai contorni indistinti, con l’inevitabile conseguenza dello svilimento della tutela del privato nei confronti delle illegittimità commesse dalla P.A. (fonte di danno ingiusto) e il riatteggiarsi di quelle posizioni (definite «monolitiche» o «pietrificate» dalle Sezioni Unite nella sentenza 500/99), che ormai dovrebbero ritenersi definitivamente scardinate.

Il rischio ancora più grave: ingenerare nell’Amministrazione – apparato un senso di soffusa onnipotenza.

E’ stato quindi è stato affermato (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 10 agosto 2004, n. 5500che occorre fare riferimento ad una concezione oggettiva della colpa, basata sull’apprezzamento dei vizi che inficiano il provvedimento, tenendo inoltre conto della gravità della violazione commessa dall’amministrazione, dell’ampiezza delle valutazioni discrezionali rimesse alle scelte dell’organo e dell’apporto dei privati in sede procedimentale.

Dirimente ai fini della questione oggi esaminata appare la violazione del generale precetto costituzionale dell’imparzialità dell’azione amministrativa.

Nell’ipotesi esaminata, fattispecie caratterizzata da un’ampia complessità tecnica (oltre che dalla specialità della materia: trattasi di appalto nei settori esclusi – fornitura in opera di impianti presso varie centrali termoelettriche - da aggiudicarsi mediante procedura negoziata), viene in rilievo l’operato della commissione, la quale, nell’ambito della fase di prequalifica, in sede di valutazione delle offerte, benché avesse riscontrato la carenza dei necessari requisiti in capo alla mandataria (a suo dire posseduti dalla mandante – è d’obbligo il condizionale – in quanto in parte qua il TAR non si è pronunciato, attesa l’assorbenza della censura), invece di formalizzare l’esclusione, dopo avere riconosciuto che la concorrente non era in possesso degli stessi, ha prescritto – anzi “suggerito” – all’ATI costituenda di invertire i ruoli.

        Così ha affermato che

«al fine dell’accertamento dell’elemento soggettivo non deve farsi riferimento all’atteggiamento psicologico dell’agente, ma al funzionamento dell’apparato pubblico, al fine da verificare se, in concreto, esso sia stato tale coerente con le regole di legalità, imparzialità e buon andamento che devono presiedere, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, all’esercizio della funzione amministrativa, e cioè se, in definitiva, l’attività della pubblica amministrazione che ha dato luogo alla illegittimità del provvedimento sia scusabile ovvero sia coerente con il più generale comportamento di buona fede»;

        Ciò sul presupposto che

«al riguardo la giurisprudenza ha affermato in tema di risarcimento che, ferma restando la permanente difficoltà di individuare un “quid pluris” rispetto alla stessa illegittimità dell’atto, la colpa dell’amministrazione deve essere valutata tenendo conto dei vizi che inficiano il provvedimento, della gravità delle violazioni imputabili all’amministrazione, anche alla luce del potere discrezionale concretamente esercitato dall’amministrazione, delle condizioni concrete, dell’apporto eventualmente dato dai privati al procedimento (C.d.S., sez. IV, 12 gennio 2005 n. 43; Consiglio Stato, sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6059)».

        Alla luce dell’impostazione del TAR Lombardia nella sentenza n. 107/07, in rassegna, appaiono superati gli «scogli» imposti dalla più recente Giurisprudenza (v. da ultimo Cons. St. cit.; nonché Cassazione, Sez. I Civile - sentenza 23 luglio 2004 - sull’impossibilità di condannare la P.A. al risarcimento del danno per illegittimo diniego di concessione edilizia annullato per difetto di motivazione nel caso in cui non sussista il requisito della colpa; Cons. Stato, Sez. v - sentenza 17 luglio 2004;  Cons. Stato, Sez. IV - sentenza 6 luglio 2004 - sulla possibilità di fare riferimento ad elementi indiziari per la dimostrazione del presupposto della colpa e per l’errore scusabile rilevante ai fini del risarcimento del danno derivante da atti illegittimi ed al criterio forfettario del 10% dell’importo a b.a. per la determinazione del lucro cessante, che va tuttavia ridotto nel caso di impossibilità di dimostrazione che, in mancanza dell’adozione del provvedimento illegittimo, il ricorrente sarebbe risultato aggiudicatario.

        L’onere di dimostrazione dell’esistenza di un pregiudizio patrimoniale, la sua riconducibilità eziologica all’adozione del provvedimento illegittimo e la sua misura (allegazione analitica) sono assorbiti nella circostanza della mancata (e sicura) esecuzione dei lavori.

* Alessandro Biamonte

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA LOMBARDIA

SEZIONE PRIMA

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 1316/2006 proposto da:

Ionics italba s.p.a., in proprio e quale mandataria dell’ATI Ionics Italba s.p.a., Consorzio Coimpre, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avvocati  Alessandro Biamonte, Franco Iadanza e Francesco Luigi De Luca, con domicilio eletto in Milano, Piazza Borromeo 12

CONTRO

E. s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli Avvocati Guido Greco, Luca Griselli, Manuela Muscardini e Vito Salvadori, con domicilio eletto in Milano, Piazzale Lavater 5.

E NEI CONFRONTI

Di A.T.I. A. International, C. G. I., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso da Guido Salvatori del Prato e Alessandro Asaro, con domicilio eletto in Milano via Manara 15.

PER L’ANNULLAMENTO, PREVIA SOSPENSIONE DELL’ESECUZIONE

Dei verbali relativi all’ammissione e alla valutazione della controinteressata, per la fornitura di impianti di evaporazione cristallizzazione degli effluenti del trattamento spurghi desolforazione.

Ed ogni altro connesso, preordinato e conseguenziale;

della proposta di aggiudicazione del 14.12.2005; del provvedimento di aggiudicazione condizionato del 29.12.2005; del provvedimento di aggiudicazione definitiva; delle lettere d’ordine del 15.2.2006; di ogni atto connesso, preordinato e consequenziale, impugnati con i motivi aggiunti depositati il 5.4.2006 ed il 24.5.2006;

e per il risarcimento del danno richiesto con i motivi aggiunti.

Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;

Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della stazione appaltante e dei controinteressati;

Udito alla camera di consiglio dell’8 novembre 2006 il relatore referendario Cecilia Altavista;

Uditi altresì i procuratori delle parti, come da verbale in atti;

Ritenuto in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con bando pubblicato sulla G.U.C.E. l’11.11.2004, la società E. indiceva una gara per la fornitura, ai sensi del d.Lgs. 17.3.1995 n. 158, di cinque impianti di evaporazione – cristallizzazione degli effluenti del trattamento spurghi desolforazione con procedura negoziata, con scadenza per la presentazione delle candidature il 13.12.2004.

Entro tale data venivano presentate cinque candidature.

Nel corso dell’istruttoria, in particolare nella relazione tecnica del 24.11.2004 emergeva che, delle cinque candidature, due venivano considerate tecnicamente non accettabili per mancanza dei requisiti richiesti dal bando; due tecnicamente accettabili, tra cui la ricorrente; una, il raggruppamento CGI – A., tecnicamente accettabile con la prescrizione dell’inversione dei ruoli all’interno del raggruppamento, in quanto la sola società A. risulta in possesso dei requisiti richiesti dal bando per la mandataria.

Nel bando di gara era espressamente previsto tra i requisiti di partecipazione (punto 8) aver progettato e fornito almeno tre sistemi di concentrazione utilizzanti evaporatori aventi specifiche capacità; aver progettato e fornito almeno tre sistemi di cristallizzazione con specifiche caratteristiche; aver progettato e fornito almeno un sistema di concentrazione – cristallizzazione installati in una centrale termoelettrica.

Tali requisiti, in caso di associazioni temporanee di imprese, avrebbero dovuto essere possedute dalla mandataria capogruppo.

Con mail del 30.12.2004 veniva comunicato all’ATI G./A. che la candidatura, così come presentata, ovvero con la società C.G. mandataria, non sarebbe stata accettata, mentre per rendere accettabile la candidatura le due società avrebbero dovuto cambiare i ruoli all’interno dell’ATI.

Il raggruppamento procedeva quindi al mutamento dei ruoli delle due società; di tale cambiamento veniva data comunicazione all’E. via mail in data 10.1.2005 e, successivamente, con nota dell’A. il 12.1.2005.

La seduta di esame delle candidature del 10.1.2005 si concludeva, pertanto, con la proposta di invitare alla gara tre delle cinque imprese che avevano presentato la candidatura, ovvero H., I.I. s.p.a. e la ATI A. CGI, a seguito del mutamento dei ruoli di tale raggruppamento.

Successivamente, le imprese invitate presentavano l’offerta tecnica e quelle economiche; le operazioni di gara si concludevano con la proposta di aggiudicazione alla ATI G.A., come modificata con mandataria A. . L’aggiudicazione veniva disposta il 29.12.2005 condizionata al deposito di documentazione e successivamente si provvedeva all’aggiudicazione definitiva.

Avverso i verbali della fase di esame delle candidature, avverso le relazioni tecniche e avverso i successivi provvedimenti di aggiudicazione sono stati proposti il presente ricorso ed i motivi aggiunti davanti alla sezione staccata di Brescia di questo Tribunale per i seguenti motivi:

violazione del d.lgs. n° 158 del 1995; delle direttive n. 04/17, 89/665, 92/50; 93/38; violazione dell’art. 97 della Costituzione; della legge n° 241 del 7.8.1990; eccesso di potere per contraddittorietà; carenza di istruttoria; disparità di trattamento; violazione della par condicio;

violazione del d.p.r. n° 34 del 2000; violazione dei principi di cui al comunicato dell’Autorità dei lavori pubblici n° 22 del 18.1.2002; violazione del Reg. CE 93/1461 e succ. modif.

Si sono costituite l’E. s.p.a. ed il raggruppamento controinteressato, eccependo l’incompetenza territoriale della sezione staccata di Brescia e contestando la fondatezza del ricorso.

Alla camera di consiglio del 21 aprile 2006 la sezione staccata di Brescia respingeva l’istanza incidentale di sospensione del fascicolo alla sede di Milano.

Il presente ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica dell’8 novembre 2006.

DIRITTO

In via preliminare si deve ritenere il ricorso tempestivo, in quanto è giurisprudenza costante che nelle procedure concorsuali, la contestazione relativa alla legittimità dell’ammissione di un concorrente sia tempestivamente proposta mediante l’impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento, non essendo configurabile un onere di immediata impugnazione dell’atto endoprocedimentale con cui l’Amministrazione valuti i requisiti di partecipazione alla procedura dei concorrenti (CdS, sez. V, n. 1247 del 5.3.2001; Tar Campania, Napoli, n. 10090 del 25.7.2003; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 giugno 2005, n. 5158).

Ritiene il Collegio che tale orientamento debba essere seguito anche quando vi sia, come nel caso di specie, una prima fase di prequalificazione.

Con il ricorso principale la società ricorrente sostiene l’illegittimità del procedimento di selezione delle candidature, in quanto in violazione di legge e del principio di imparzialità nelle gare pubbliche la stazione appaltante avrebbe consentito anzi suggerito una modifica soggettiva all’interno del raggruppamento poi risultato aggiudicatario.

Tale motivo di ricorso è fondato.

L’art. 23 del d.lgs. n° 158 del 17.3.1995 permette in caso di procedura ristretta o di procedura negoziata nella fase di prequalifica modifiche soggettive; ai sensi del comma 4, infatti, l’impresa invitata individualmente ha la facoltà di presentare offerta per sé e quale capogruppo di imprese riunite. Il comma 5 prevede altresì che possano essere invitate alle gare e alle procedure negoziate imprese riunite o che abbiano dichiarato di volersi riunire le quali ne facciano richiesta al soggetto aggiudicatore, sempre che sussistano i requisiti previsti.

Tali norme sono state interpretate dalla giurisprudenza nel senso che il disposto del comma 5 dell’art. 23, consenta una partecipazione priva di formalità, ovvero senza ancora la formale costituzione dell’A.T.I., ma si riferisca non già alla presentazione delle offerte, ma al momento diverso e antecedente dell’invito alla procedura selettiva, mentre la previsione del successivo comma 6 – secondo cui "non è consentita l’associazione anche in partecipazione o il raggruppamento temporaneo di imprese concomitante o successivo all’aggiudicazione della gara" – appare piuttosto riferito al caso delle singole imprese che, avendo presentato autonoma domanda, intendano associarsi tra loro in concomitanza o successivamente all’aggiudicazione (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 18 novembre 2005, n. 19307).

Ed invero, nel sistema dell’art. 23 del d.lgs 158/95, in via generale, non è consentita la presentazione di offerte da parte di AA.TT.II costituende. Soltanto in sede di prequalificazione, con riguardo a procedure ristrette e negoziate, è permessa la partecipazione alle gare alle imprese ancora non riunite (TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 29 marzo 2004, n. 608).

Il Collegio aderisce a tale orientamento per cui un limite rigido alla partecipazione si deve ritenere previsto solo al momento dell’aggiudicazione, mentre la fase di prequalificazione che caratterizza le procedure ristrette e negoziata deve essere improntata a semplicità e snellezza delle forme e collaborazione con la stazione appaltante.

Conseguenza di ciò è, dunque, la possibilità comunemente ammessa, in tale fase di prequalifica di modifica soggettiva del raggruppamento concorrente, cosa che ha chiesto di fare la stessa ricorrente che ha partecipato alla successiva fase associata ad un’altra impresa mandante.

Peraltro, nel caso di specie, nel corso della fase di prequalificazione la stazione appaltante ha adottato atti in evidente violazione dei principi di trasparenza e imparzialità delle gare pubbliche.

Infatti, pur essendo emerso dalla istruttoria che tre delle cinque imprese partecipanti candidate non avessero i requisiti tecnici richiesti, di queste soltanto due sono state escluse, mentre per il raggruppamento risultato poi aggiudicatario (G. I. A.), pure essendo stata riscontrata in capo alla mandataria la mancanza dei requisiti tecnici, espressamente richiesti dal bando di gara proprio per la mandataria, la stazione appaltante invece di provvedere all’esclusione ha condizionato l’ammissione alla modifica soggettiva all’interno del raggruppamento.

Se anche dunque è possibile tale modificazione soggettiva nella fase di prequalifica, in primo luogo questa non può servire a consentire di aggiungere requisiti di partecipazione prima non posseduti, ma soprattutto l’invito ad una modificazione di tal specie non può avvenire dalla stessa stazione appaltante.

Come detto la fase di prequalifica ha una particolare snellezza e informalità tesa alla maggiore collaborazione tra stazione appaltante e partecipanti; peraltro non si può ritenere che tale collaborazione riguardi anche elementi fondamentali per la partecipazione ovvero la collaborazione non può evitare l’esclusione di un concorrente privo dei requisiti.

Ai sensi dell’art. 123 del d.lgs. n° 158, infatti, la procedura negoziata con pubblicazione del bando di gara, come quella in esame, è caratterizzata dal fatto che il soggetto aggiudicatore consulti i candidati di propria scelta e negozi con uno o più di essi le condizioni dell’appalto. Tale potere di negoziazione si deve ritenere limitato alle condizioni oggettive dell’appalto, ovvero a quelle che riguardano la prestazione.

Rispetto alla situazione soggettiva dei candidati il sistema normativo lascia il potere di decidere se partecipare in forma singola o associata anche nel corso della fase di prequalifica.

Il principio generale resta però quello dell’imparzialità e della non discriminazione tra i concorrenti.

Ritiene il Collegio che anche rispetto a tale fattispecie si debba fare applicazione dei principi generali elaborati dalla giurisprudenza per cui il principio del favor partecipationis, che impone alle Stazioni appaltanti di consentire la massima partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica recede rispetto al rispetto delle norme a garanzia della parità dei concorrenti (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 31 marzo 2006, n. 2247; Consiglio Stato, sez. V, 29 agosto 2005, n. 4407 per cui il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure per l’aggiudicazione dei contratti della p.a. risponde, infatti, alla necessità di garantire l’imparzialità e la parità di condizioni tra i concorrenti).

Il formalismo che caratterizza la disciplina delle procedure per l’aggiudicazione dei contratti della p.a. risponde da un lato ad esigenze pratiche di certezza e celerità, dall’altro, e soprattutto, alla necessità di garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti (Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2005 n. 32).

Le Ati non possono in alcun modo variare la loro composizione rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta nel quale, quindi, devono essere precisate tutte le circostanze che legittimano le singole imprese alla partecipazione alla gara risolvendosi in una modifica non consentita anche solo la diversa configurazione dell’ATi quanto ai requisiti di partecipazione richiesti al raggruppamento e alle singole partecipanti, mandataria e mandanti. L’art. 13 comma 5 bis, l. n. 109 del 1994, che fissa un principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche, tende a garantire una conoscenza piena da parte delle amministrazioni aggiudicatrici dei soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti, verifica che non deve essere vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere (Consiglio Stato, sez. V, 07 aprile 2006, n. 1903).

Pur in presenza di una procedura negoziata, l’amministrazione non può autonomamente svincolarsi dal criterio di aggiudicazione da essa stessa prefissato, né ignorare l’esito della procedura selettiva, senza violare i principi di buon andamento e di imparzialità che la devono guidare nello svolgimento di gare pubbliche (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 17 luglio 2003, n. 3593).

Nella licitazione privata il possesso dei requisiti previsti dal bando deve sussistere sia nella fase di prequalificazione che nella fase concorsuale vera e propria, con la conseguenza che la mancanza di uno dei suddetti requisiti già nella prima delle citate autonome fasi preclude l’accoglimento della richiesta di invito, e non può in alcun modo essere sostituito dal sopravvenuto possesso nell’ambito della successiva fase concorsuale vera e propria, mentre la sopravvenuta perdita dello stesso in capo ad un’impresa che aveva superato positivamente la fase di prequalificazione, ne impone l’esclusione (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 20 giugno 2005 n. 5158).

Il ricorso è quindi fondato e va accolto con annullamento dei provvedimenti impugnati.

Quanto al contratto successivamente stipulato, indipendentemente dalle diverse tesi contrapposte circa l’esito di tale contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione (caducazione, annullabilità) nel caso di specie risulta dagli atti di causa che il contratto abbia già avuto esecuzione con la fornitura degli impianti di vaporazione nelle varie centrali Enel. Pertanto l’interesse della società ricorrente deve essere valutato solo ai fini del risarcimento danni per equivalente.

Quanto alla domanda di risarcimento del danno, la giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che ai fini dell’ammissibilità della domanda risarcitoria conseguente all’annullamento di un provvedimento amministrativo non sia sufficiente il solo annullamento del provvedimento di aggiudicazione, ma debba valutarsi la sussistenza dell’elemento psicologico quanto meno della colpa, in quanto la responsabilità patrimoniale della pubblica amministrazione conseguente all’annullamento di provvedimenti illegittimi deve essere inserita nel sistema delineato dall’articolo 2043 c.c. (C.d.S., sez. IV, 29 settembre 2005, n. 5204).

Pertanto, occorre verificare se, in concreto, tale elemento sia ravvisabile nel caso di specie.

Deve al riguardo precisarsi, che al fine dell’accertamento dell’elemento soggettivo non deve farsi riferimento all’atteggiamento psicologico dell’agente, ma al funzionamento dell’apparato pubblico, al fine da verificare se, in concreto, esso sia stato tale coerente con le regole di legalità, imparzialità e buon andamento che devono presiedere, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, all’esercizio della funzione amministrativa, e cioè se, in definitiva, l’attività della pubblica amministrazione che ha dato luogo alla illegittimità del provvedimento sia scusabile ovvero sia coerente con il più generale comportamento di buona fede; al riguardo la giurisprudenza ha affermato in tema di risarcimento che, ferma restando la permanente difficoltà di individuare un "quid pluris" rispetto alla stessa illegittimità dell’atto, la colpa dell’amministrazione deve essere valutata tenendo conto dei vizi che inficiano il provvedimento, della gravità delle violazioni imputabili all’amministrazione, anche alla luce del potere discrezionale concretamente esercitato dall’amministrazione, delle condizioni concrete, dell’apporto eventualmente dato dai privati al procedimento (C.d.S., sez. IV, 12 gennaio 2005 n. 43; Consiglio Stato, sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6059).

Nel caso di specie, risulta evidente dalla palese violazione delle norme relative all’imparzialità dell’Amministrazione nello svolgimento delle gare pubbliche il carattere colposo dell’ammissione in gara del raggruppamento G.I. – A. .

Quanto al danno economico esso è costituito dalla mancata aggiudicazione del contratto d’appalto.

Tale danno, secondo la giurisprudenza costante, non potendo essere provato nel suo preciso ammontare, va determinato in via equitativa nel dieci per cento del corrispettivo contenuto nell’offerta della ricorrente, con riferimento al criterio offerto dagli articoli 345 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 allegato F sui lavori pubblici, che fissa nella decima parte del valore le opere non eseguite il corrispettivo a carico dell’amministrazione per il recesso anticipato dal contratto, e 37 – septies della legge 11 febbraio 1994 n. 109, introdotto dall’articolo 11 della legge 17 novembre 1998 n. 415, che fissa nella stessa misura l’"indennizzo a titolo di risarcimento per mancato guadagno" nel caso di risoluzione del rapporto di concessione di opera pubblica per inadempimento del concedente (Consiglio Stato, sez. V, 11 maggio 2004, n. 2962).

Quanto all’ulteriore misura dei danni, la cui liquidazione il ricorrente affida alla valutazione del Collegio, si deve ritenere che non sia stata fornita alcuna allegazione di danni ulteriori.

Per avere accesso al risarcimento del danno il privato deve dimostrare non solo che la sua sfera giuridica ha subito una diminuzione per effetto dell’atto illegittimo ma che non si è accresciuta nella misura che avrebbe raggiunto se il provvedimento viziato non fosse stato adottato od eseguito; e, pertanto, l’onere della prova, pur basandosi su presunzioni semplici, sarà ritualmente assolto solo se il danneggiato alleghi gli elementi di fatto e gli indizi sulla cui base possono individuarsi i parametri presuntivi di determinazione del danno.

Non bisogna dimenticare infatti che la materia del risarcimento del danno riguardando questioni attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo è regolata dal principio dell’onere della prova di cui all’art. 2697 del codice civile, in base al quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscano il fondamento. Pertanto non spetta al raggruppamento ricorrente alcuna ulteriore voce di danno.

Il ricorso è, dunque, fondato e va accolto con annullamento del provvedimento impugnato.

Deve essere accolta altresì la domanda di risarcimento del danno nella misura del dieci per cento del corrispettivo contenuto nell’offerta della ricorrente.

In considerazione della complessità della vicenda, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. I, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’E. s.p.a. al risarcimento dei danni come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella Camera di Consiglio dell’8 novembre 2006, con l’intervento dei Magistrati:

Piermaria Piacentini - Presidente

Cecilia Altavista - Referendario Est

Maria Grazia Vivarelli - Referendario

Il Presidente f.to

L’estensore f.to

Depositata in Segreteria in data 30 gennaio 2007.

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