ALESSANDRO BIAMONTE
Conferimento di incarichi extragiudiziari,
prassi
del Consiglio Superiore della Magistratura ed autorizzazione mediante silenzio
assenso ai sensi dell’art. 53, comma 10, D.Lgs. 165/2001
TAR LAZIO
– ROMA,
SEZ. I – ord. 28 aprile 2004 n. 2283 – Pres. Calabrò, Est.
Soricelli – *** (Avv.
Alessandro Biamonte)
c. Ministero della Giustizia e Consiglio Superiore della Magistratura (Avv.ra
Stato) - (accoglie).
1.
Magistrati – Incarichi extraistituzionali – Autorizzazione – Art. 53, comma 10,
D.L.vo n. 165/2001 – Applicabilità anche nei confronti del C.S.M.
2.
Magistrati – Incarichi extraistituzionali – Autorizzazione – Diniego – Omessa
concreta valutazione circa la compatibilità del nuovo incarico con i doveri
d’ufficio del magistrato – Illegittimità.
1. Anche
il C.S.M. soggiace al termine per provvedere di cui all’art. 53, co. 10, d.lgs
30 marzo 2001 n. 165 (l'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla
richiesta di autorizzazione a svolgere un incarico esterno entro trenta giorni
dalla ricezione della richiesta stessa) .
2. E' da
ritenersi prima facie illegittimo un provvedimento con il quale il C.S.M. nega
l’autorizzazione ad un magistrato di svolgere un incarico esterno nel caso in
cui sia mancata ogni concreta valutazione circa la compatibilità del nuovo
incarico con i doveri d’ufficio del magistrato in relazione alle circostanze
che: 1) il precedente incarico autorizzato contemplava 20 ore di insegnamento e
16 ore di ricevimento studenti; 2) l’incarico per il quale è stata negata
l’autorizzazione risulta oggettivamente poco impegnativo e il richiedente aveva
assunto l’impegno di svolgerlo nel periodo di congedo ordinario .
ALESSANDRO BIAMONTE
Conferimento di incarichi extragiudiziari,
prassi
del Consiglio Superiore della Magistratura ed autorizzazione mediante silenzio
assenso ai sensi dell’art. 53, comma 10, D.Lgs. 165/2001
L’art. 53
D.Lgs. 165/2001 statuisce il divieto, per i dipendenti pubblici, di svolgere
incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati
dall'amministrazione di appartenenza.
Nel caso
dei professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli
atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione
nei casi previsti dal presente decreto (co. 7).
Diversamente deve dirsi
per l’ipotesi dei magistrati, laddove, in assenza dei regolamenti attuativi
previsti dal citato articolo 53, la disciplina degli incarichi «extragiudiziari»
si rinviene prevalentemente nella circolare consiliare n. 15207 del 16.12.1987.
Uno dei maggiori punti
di «attrito» interpretativo riguarda, tuttavia, l’applicazione, ai magistrati,
dell’istituto del silenzio assenso previsto in via generale dal comma 10
dell’art. 53 ed inoltre l’individuazione di un tetto massimo autorizzabile, così
come imposto dalla prassi del Consiglio Superiore della Magistratura.
Avuto riguardo al primo
dei due argomenti, giovi ricordare che, ai sensi dell’art. 53 co. 10 D.Lgs.
165/2001, «L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta
di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa».
Il disposto normativo si conclude stabilendo che «decorso il termine per
provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da
amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso [id est:
altra amministrazione], si intende definitivamente negata».
In
subiecta materia il C.S.M. è fermo nel ribadire che, nell’applicazione
dell’art. 26 del D.Lgs. 80/1998 (trasfuso poi nell’art. 53 D.Lgs. 165/2001) alla
materia degli incarichi extragiudiziari e dell’anagrafe delle prestazioni
patrimoniali, non è possibile dare rilievo alla definizione mediante silenzio
assenso dei procedimenti di competenza da parte del medesimo organo di
autogoverno, attesa «l’esigenza di una valutazione in concreto con il prestigio
dell’ordine giudiziario» (cfr. parere n. 73/96 del 22.2.1996 Ufficio Studi
Consiglio Superiore della Magistratura). L’istituto mal si concilierebbe con la
rilevanza costituzionale del Consiglio Superiore e con l’autonomia riconosciuta
all’ordine giudiziario dall’art. 104 della Costituzione. In breve, il C.S.M.,
non facendo parte della pubblica amministrazione in senso oggettivo, sarebbe
sottratto, in parte qua, alla normativa generale che sovrintende al
rilascio dell’autorizzazione.
Una tale
lettura rende, ab initio, problematica l’interpretazione, entro chiari
confini, dell’art. 53 cit., considerato che, avuto riguardo alla sua sfera di
efficacia, al 6° capoverso viene disposto, senza alcuna espressa eccezione, che
«i commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di
cui all'articolo 3» (così facendo riferimento anche ai magistrati ordinari,
specificamente richiamati nella norma contenuta nel medesimo articolo 3).
Conseguentemente, apparirebbe logico dedurre che il silenzio – assenso (co. 10)
trovi applicazione anche nell’ipotesi di autorizzazione degli incarichi in capo
a componenti della magistratura.
L’interpretazione restrittiva offerta, di converso, dal Consiglio Superiore
della Magistratura ha un carattere induttivo e segue un ragionamento inverso. Il
riferimento dell’art. 53 D. Lgs. 165/2001, mediante indiretto richiamo, ai
magistrati ordinari avrebbe la funzione di rafforzare il ruolo
dell’autorizzazione espressa. La ratio delle norme andrebbe letta in
funzione delle disposizioni repressive della violazione dei precetti in materia
di autorizzazione (violazione che implica, oltre le più gravi sanzioni, anche la
responsabilità disciplinare del funzionario responsabile del procedimento e la
nullità del provvedimento, con devoluzione del corrispettivo dell’incarico
all’amministrazione di appartenenza del dipendente «ad incremento del fondo di
produttività o di fondi equivalenti»). Il Consiglio, pertanto, conclude che il
silenzio previsto ai commi 10 e 11 rappresenta un rimedio all’inerzia
procedimentale al fine di impedire le conseguenze sanzionatorie in capo
all’amministrazione conferente ed ai suoi funzionari. Autorizzazione che non
trova nel silenzio una valida sostituzione, ai fini della legittimità
dell’operato del dipendente, e specificamente del magistrato, che l’incarico
riceva (parere C.S.M. Ufficio Studi 73/96). Da qui discenderebbe
l’incompatibilità dell’istituto del silenzio significativo con la natura
dell’attività consiliare. L’alta discrezionalità nell’apprezzamento della
lesione al decoro e all’indipendenza della Magistratura che potrebbe discendere
dall’assunzione dell’incarico, imposta dalla tutela di valori di rango
costituzionale (quali autonomia e indipendenza) imporrebbe approfondite e
complesse valutazioni che non potrebbero essere – a parere del Consiglio –
sostituite dalla formazione del silenzio che recherebbe in sé l’implicito
accoglimento della domanda.
La prassi
consiliare, atteggiandosi su tale linea interpretativa, ha inoltre individuato
un tetto massimo annuo autorizzabile – che di per sé vanifica l’invocato
apprezzamento discrezionale (che dovrebbe contemplare esigenze di servizio,
natura dell’incarico e funzioni concretamente espletate dal magistrato),
ponendosi come ulteriore limite – . Tetto, va evidenziato per inciso, talvolta
«sforato», e non di poco.
L’ordinanza in rassegna appare significativa per il principio di diritto
affermato.
Viene,
infatti, innanzi tutto contestata la tesi dell’Amministrazione secondo cui non
troverebbe applicazione per il C.S.M. il termine per provvedere dell’art. 53 D.
Lgs. 165/2001 (istituto del silenzio – assenso). Quindi, il regime autorizzativo
degli incarichi in capo ai membri dell’ordine giudiziario soggiacerebbe alle
medesime regole vigenti per gli altri pubblici dipendenti.
In
secondo luogo, esclude ogni carattere normativo alla prassi consiliare che
imporrebbe, nell’autorizzazione degli incarichi extra-giudiziari presso corsi di
laurea universitari, il non superamento del limite delle 35 ore annue
complessive, essendo necessario in ogni caso che, nell’esercizio di quel potere
di valutazione discrezionale (Cons. St., sez. IV, 4.3.1992 n. 242) invocato dal
Consiglio a sostegno delle proprie tesi, si abbia riguardo in concreto alla
compatibilità dell’ufficio da assumere con le funzioni istituzionali
dell’autorizzando, sì da garantire la tutela del prestigio, dell’autonomia e
dell’indipendenza della Magistratura. Nel caso di specie, il prestigio è
connesso all’espletamento di un incarico – insegnamento universitario – la cui
natura non può che accrescere il prestigio dell’ordine, anche in ragione della
occasione di approfondimento accademico da parte dell’aspirante e dell’affinità
della materia da insegnare (diritto amministrativo) con quella oggetto
prevalente dell’attività quotidiana. Parimenti rispettato il criterio delle
esigenze di servizio, avendo, il ricorrente, assicuratone lo svolgimento durante
i giorni di congedo ordinario.
*Avvocato
del foro di Napoli
segue il
testo dell’ordinanza
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER IL
LAZIO
ROMA
SEZIONE PRIMA
Registro
Ordinanze:2283/2004
Registro
Generale:3586/2004
nelle
persone dei Signori:
CORRADO
CALABRO' Presidente
ANTONINO
SAVO AMODIO Cons.
DAVIDE
SORICELLI Ref. , relatore
ha
pronunciato la seguente
ORDINANZA
nella
Camera di Consiglio del 28 Aprile 2004
Visto il
ricorso 3586/2004 proposto da:
B. F.
rappresentato e difeso da:
BIAMONTE
AVV. ALESSANDRO
con
domicilio eletto in ROMA
V.LE
ANGELICO, 193
presso
MANNI
AVV. MARIA CRISTINA
contro
MINISTERO
DELLA GIUSTIZIA
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO
con
domicilio eletto in ROMA
VIA DEI
PORTOGHESI, 12
presso la
sua sede
CONSIGLIO
SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA - CSM
per
l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del provv.to n. P2085/2004
del 9.2.2004, a firma del Segretario Generale, notificato il 10.2.2004,
notificato il 10.2.2004, avente ad oggetto il diniego di autorizzazione per
l’espletamento di incarico extra-giudiziario consistente in n.8 ore di lezione
presso la Seconda Università degli Studi di Napoli –Facoltà di Medicina e
Chirurgia –corso di Laurea in fisioterapista.
Visti gli
atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la
domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata
in via incidentale dal ricorrente;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Udito il
relatore Ref. DAVIDE SORICELLI e udito altresì per la parte l’avv.to Alessandro
Biamonte;
Visti gli
artt. 19 e 21, u.c., della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e l'art. 36 del R.D.
17 agosto 1907, n. 642;
Ritenuto
che l’istanza di tutela cautelare possa essere favorevolmente valutata in
quanto:
a) non
appare condivisibile la tesi dell’amministrazione secondo cui al C.S.M. non si
applicherebbe il termine per provvedere di cui all’art.53 del d.lgs 30.3.2001 n.
165;
b)
appaiono assistite da profili di fondatezza le censure di eccesso di potere,
tenuto conto che, indipendentemente dalla legittimità della prassi consiliare
che ha individuato limiti di impegno orario annuo ai fini dell’autorizzabilità
di incarichi di insegnamento, il C.S.M. ha omesso ogni concreta valutazione
circa la compatibilità del nuovo incarico con i doveri d’ufficio del ricorrente
in relazione alle circostanze che: 1) il precedente incarico autorizzato
contemplava 20 ore di insegnamento e 16 ore di ricevimento studenti; 2)
l’incarico di cui all’impugnato diniego risulta oggettivamente poco impegnativo
e il ricorrente aveva assunto l’impegno di svolgerlo nel periodo di congedo
ordinario;
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione Prima –
ACCOGLIE
la suindicata domanda incidentale di sospensione.
La
presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la
Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
ROMA , li
28 Aprile 2004
IL
PRESIDENTE: f.to Calabrò
IL
CONSIGLIERE est.:f.to Soricelli
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