Alessandro BIAMONTE
IL DANNO DA RITARDATA ELEZIONE
TRA GIURISDIZIONE E ASPIRAZIONE RISARCITORIA
commento
dell'Avv. Alessandro Biamonte pubblicato su
rivista diretta
dal Prof. Paolo Cendon (Università di Trieste)
sentenza
pubblicata anche su
Alessandro BIAMONTE
IL DANNO DA RITARDATA ELEZIONE
TRA GIURISDIZIONE E ASPIRAZIONE RISARCITORIA
Conformemente all’orientamento
della Suprema Corte (v. Cass., SS.UU., 22.3.1999 n. 172 in tema di regolamento
di giurisdizione) ove l'attore, sulla premessa di avere conseguito un numero
di voti validi tali da determinarne l’elezione, deduca che tale proclamazione
è mancata perché nel corso delle operazioni di scrutinio presso gli uffici
elettorali di sezione sono state occultate preferenze espresse in suo favore
chiedendo la condanna del Ministero dell’Interno al risarcimento dei danni
patiti in conseguenza del ritardo con cui ha conseguito l'elezione, la
relativa domanda rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.
Conseguentemente, deve imputarsi allo Stato la responsabilità ascrivibile al
comportamento dei componenti di tali uffici posto in essere in violazione del
diritto soggettivo pubblico a ricoprire il mandato elettivo.
La questione è agevolmente inquadrabile con riferimento al concetto dei cd.
diritti in attesa di espansione. L’avvenuto accertamento, ad
opera degli organi giurisdizionali preposti, del diritto alla proclamazione ha
«riespanso» il diritto dell’attore. Di qui, la necessità di adire l’unico
Giudice naturalmente competente a conoscere dei diritti soggettivi, ovvero il
Giudice ordinario.
Infatti, l’accertamento della responsabilità chiesta al giudice non
interferisce con l’esercizio dei poteri connessi alla verifica dei presupposti
per la proclamazione.
Una domanda formulata in tal senso postula che tale esercizio sia già avvenuto
(nel caso di specie ad opera del T.A.R.).
«Analogo fenomeno si riproduce ogni volta in cui la giurisdizione sulla
domanda appartiene ad un giudice, e però esula dalla sua competenza
giurisdizionale decidere di uno dei punti della controversia, perché esso dà
luogo ad una questione conoscere della quale spetta ad altro giudice» (C. Cass.,
SS.UU. 172/99 cit.)
Nell’ipotesi contemplata, il T.A.R. ha verificato il presupposto, correggendo
il dato elettorale e proclamando eletto l’attore.
Ne consegue che la pretesa fatta valere (mancata percezione del cd. gettone di
presenza conseguente alla ritardata elezione e riconoscimento di un adeguato
ristoro patrimoniale), una volta intervenuta la proclamazione ad opera del
Tribunale Amministrativo, è di diritto soggettivo perfetto e, trattandosi di
materia sottratta alla giurisdizione esclusiva del G.A., appare del tutto
peregrino dubitare in merito all’individuazione del Giudice ordinario quale
sede giurisdizionale naturalmente preposta alla cognizione della domanda.
Quanto al ristoro patrimoniale riconosciuto, va segnalato come il giudicante
superi la contraddittoria tesi erariale, che, reinterpretando – al contrario –
il principio della compensatio lucri cum damno, pretendeva che nulla
potesse riconoscersi, a titolo di risarcimento conseguente alla mancata
percezione del gettone di presenza, a chi, per colpa esclusivamente
ascrivibile alla P.A., non avesse potuto partecipare alle sedute.
Da segnalare, infine, il riconoscimento, in via equitativa, del danno non
patrimoniale, correlato all’ingiusta lesione di un interesse a valori
della persona costituzionalmente garantiti (nel caso di specie
diritto all’elettorato passivo: art. 51 Cost.).
Così come chiarito dalla Suprema Corte, il risarcimento del danno non
patrimoniale è dovuto ogni qual volta vi sia stata una lesione di detti
valori, ancorché il fatto non costituisca reato (Cass. civ., sez. III,
31.5.2004 n. 8827).
Il danno non patrimoniale, infatti, dopo l’entrata in vigore della Carta
costituzionale ben può essere riferito alle previsioni della Legge
fondamentale, ove si consideri che il riconoscimento di diritti inerenti alla
persona non aventi natura economica implicitamente ne esige tutela (Cass civ.,
sez. III, 31.5.2003, n. 8828). Nel caso di specie, unitamente ai valori
tutelati costituzionalmente viene peraltro in rilievo il disagio
e lo stress patito in conseguenza dell’errore che ha inciso
sulla correttezza del dato elettorale e, conseguentemente, sul ritardo (oltre
un anno) con cui l’attore è stato reintegrato nella carica.
TRIBUNALE DI NAPOLI
Sez. IV civile
Sentenza 25 marzo 2006, n.
3576
G.U. Dott. Cataldi
(Omissis)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al
numero di ruolo generale sopra riportato, promossa con atto notificato in data
2.12.04 da G. T., elettivamente domiciliato in Napoli Via Duomo n. 348, presso
lo studio dell'Avv. Alessandro Biamonte, che
lo rappresenta e difende giusta procura a margine dell'atto di citazione
ATTORE
contro COMUNE di NAPOLI,
domiciliato in Palazzo San Giacomo, rappresentato e difeso dall'Avv. Stefano
Monconi, per mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione
CONVENUTO
Nonché
MINISTERO DELL'INTERNO ed UFFICIO
CENTRALE per le elezioni amministrative 2001 presso i Consigli Circoscrizionali
del Comune di Napoli, entrambi domiciliati ex legge, in via Diaz 11, presso la
sede dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, dalla quale sono
rappresentati e difesi
CONVENUTI
OGGETTO: azione di risarcimento del
danno per responsabilità extracontrattuale Conclusioni per l'attore:
"accoglimento della domanda. Con vittoria di spese di lite".
Conclusioni per il Comune di Napoli: "rigetto delle domande svolte nei suoi
confronti, con vittoria delle spese di lite".
Conclusioni per il Ministero dell'Interno e per l'Ufficio Elettorale Centrale
per le Elezioni Amministrative anno 2001 presso i Consigli Circoscrizionali del
Comune di Napoli: "in via principale, inammissibilità della domanda per difetto
di giurisdizione del Tribunale adito; in via subordinata rigetto della domanda
per infondatezza e, comunque per difetto di legittimazione passiva del convenuto
Ministero dell'Interno e dell'Ufficio Elettorale Centrale per le Elezioni
Amministrative anno 2001. Con vittoria di spese ed onorario di giudizio".
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il
2.12.04, G. T. premesso che alle elezioni amministrative del 13.5.01, al termine
delle operazioni dell'Ufficio Centrale Elettorale, era risultato primo dei non
eletti, con 190 voti, al Consiglio Circoscrizionale Avvocata - Montecalvario
S.G. - Porto del Comune di Napoli; che avendo riscontrato delle irregolarità
nella conta dei voti (alla candidata che lo precedeva, G. M., erano stati
erroneamente attribuiti 12 voti in più), aveva proposto ricorso al T.A.R. della
Campania per la correzione del risultato elettorale; che il Tribunale
Amministrativo con sentenza n.2354/02 depositata il 23.4.2002 aveva accolto il
ricorso dichiarandolo eletto in luogo di G. M.; che era stato reintegrato nella
carica di Consigliere Circoscrizionale il 6.5.02; che a causa dell'errore
avvenuto nel corso delle operazioni elettorali non aveva potuto partecipare a
120 sedute del Consiglio Circoscrizionale Avvocata - Montecalvario - S.G. -
Porto, perdendo così il "gettone di presenza" che spetta ai consiglieri per
ciascuna delle sedute cui partecipano e che ammonta ad € 54,23 a seduta; che a
causa della illegittimità commessa dagli organi dell'Ufficio Elettorale, era
stato interrotto per un anno il suo rapporto con l'elettorato, iniziato nella
precedente consiliatura (era già stato eletto al medesimo Consiglio
Circoscrizionale nelle R.G. 35684/2004 3 precedenti elezioni amministrative),
con conseguente danno all'immagine; che poiché il comportamento illegittimo
della P.A. aveva leso un suo diritto, quello all'elettorato passivo, inerente
alla persona e tutelato direttamente dalla Costituzione, gli spettava anche il
risarcimento del danno non patrimoniale, consistente nel disagio e nello stress
patito per la tardiva proclamazione a consigliere circoscrizionale; tutto ciò
premesso, ha convenuto in giudizio il Comune di Napoli, il Ministero
dell'Interno e l'Ufficio Elettorale Centrale per le Elezioni Amministrative del
2001 presso i Consigli Circoscrizionali del Comune di Napoli (di seguito, per
comodità, Ufficio Elettorale) per l'accertamento della responsabilità, ex art.
2043 c.c., degli organi preposti alle operazioni elettorali nell'avergli
cagionato i danni in precedenza indicati, con conseguente condanna del Ministero
dell'Interno al pagamento di € 6.507,60, oltre interessi, quale lucro cessante,
commisurato all'importo dei "gettoni" di presenza da lui non percepiti; di €
2.500,00, o di una somma maggiore ritenuta equa dal giudice, oltre interessi,
per la lesione alla propria immagine nei confronti dell'elettorato; di €
2.500,00, o di una somma maggiore ritenuta equa dal giudice, oltre interessi,
quale danno non patrimoniale correlato all'ingiusta lesione di un valore della
persona costituzionalmente garantito (nel caso di specie il diritto
all'elettorato passivo).
Il Comune di Napoli si è costituito rilevando che nei suoi confronti non era
stata proposta alcuna domanda.
Il Ministero dell'Interno e l'Ufficio Centrale si sono costituiti eccependo: a)
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario;
b) la carenza di legittimazione passiva di essi convenuti, in quanto, come
affermato anche dal T.A.R. nella sentenza che aveva accolto il ricorso del
Tagliatatela, il legittimato passivo rispetto alla domanda proposta è il Comune
di Napoli; c)
l'infondatezza nel merito della domanda per mancanza di un comportamento
illegittimo della P.A., e per assenza di danni risarcibili, in quanto il
"gettone" di presenza non è una retribuzione bensì un ristoro per un impegno che
l'attore non ha affrontato, mentre il diritto all'elettorato passivo è un
diritto a potere essere eletti e non a dovere essere eletti.
All'udienza di trattazione, il Giudice, ritenendo la causa matura per la
decisione, ha rinviato per la precisazione delle conclusioni. Nell'udienza
successiva la causa è stata assegnata in decisione con termine di 60 gg. per il
deposito della comparsa conclusionale e termine di 20 gg. per le repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va, preliminarmente, esaminata
l'eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario sollevata
dall'Avvocatura dello Stato.
È pacifico che i danni lamentati dall'attore sono stati causati dall'esercizio
illegittimo della funzione pubblica, in particolare da un provvedimento, la
proclamazione degli eletti, che il giudice amministrativo ha ritenuto viziato ed
ha implicitamente annullato, dichiarando eletto il T. in luogo della Marotta.
2. In base al combinato disposto delle leggi n. 570 del 1960, n. 1147 del 1966 e
n. 278 del 1976 (cfr. Consiglio di Stato sentenza n. 256 del 1989), spetta al
giudice amministrativo la giurisdizione sulle controversie relative alle
operazioni per l'elezione dei consigli circoscrizionali del comune. Il sindacato
esercitato in questi casi non è quello tipico del giudizio di legittimità,
perché il giudice non si limita ad annullare l'atto illegittimo, ma ha il potere
di sostituirsi alla p.a., procedendo alla proclamazione del soggetto che risulti
avere diritto ad essere eletto (art. 84 della legge 570 del 1960). Il giudice
amministrativo esercita dunque una giurisdizione c.d. di merito.
3. L'effetto demolitorio della sentenza del Tribunale amministrativo regionale
della Campania non è stato, secondo la tesi dell'attore, sufficiente ad
eliminare tutte le conseguenze negative che il provvedimento viziato ha arrecato
alla sua posizione soggettiva; e non vi è dubbio che i danni in cui tali
conseguenze si concretano siano in astratto risarcibili anche ove la posizione
soggettiva incisa fosse qualificabile in termini di interesse legittimo.
Come è noto, a questa conclusione è giunta per la prima volta la sentenza della
Cassazione n. 500 del 1999. Si tratta di un approdo che è seguito ad un lungo
dibattito dottrinale e che è avvenuto sulla spinta dell'ordinamento comunitario
che non conosce la distinzione, tutta italiana, tra diritto soggettivo ed
interesse legittimo.
Preso atto di questa evoluzione giurisprudenziale, il legislatore ha previsto,
con la legge n. 205 del 2000, che nell'ambito della sua giurisdizione esclusiva
il giudice amministrativo conosce anche del risarcimento de! danno e degli altri
diritti patrimoniali consequenziali (il potere di disporre il risarcimento del
danno era stato già conferito al giudice amministrativo, nell'ambito della sua
giurisdizione esclusiva, con l'art. 35 del d.lgs. n.80 del 1998).
L'art. 7 della legge 1034 del 1971, modificato appunto dalla L. 205 del 2000,
consente quindi al giudice preposto dalla Costituzione alla tutela
dell'interesse legittimo, di assicurare una tutela piena ed esaustiva, dandogli
il potere di disporre il risarcimento di quelle lesioni alla posizione del
privato che non sono eliminate con il semplice annullamento dell'atto.
Sussistono infatti una serie di casi in cui la tutela demolitoria è
insufficiente a riparare tutte le conseguenze negative che il provvedimento
illegittimo ha arrecato nella sfera del privato.
Il risarcimento del danno, come sottolineato dalla Corte Costituzionale con la
sentenza 204 del 2004, costituisce R.G. 35684/2004 quindi un ulteriore strumento
di tutela per il cittadino (tale affermazione è riferita al potere risarcitorio
riconosciuto nell'ambito della giurisdizione esclusiva, ma può essere estesa
anche alla giurisdizione di legittimità).
Sulla base di quanto esposto è possibile affermare con certezza che il T. poteva
proporre la domanda risarcitoria nel giudizio con cui ha impugnato l'atto
lesivo, ed il giudice amministrativo avrebbe deciso sulla stessa in applicazione
di quanto stabilito dal citato art. 7 della legge T.A.R., avendo giurisdizione
anche su tale pretesa.
4. Fatta questa premessa, deve ora essere affrontata la questione interpretativa
sottesa all'eccezione sollevata dall'Avvocatura: occorre, cioè, stabilire se la
proposizione dell'azione di risarcimento del danno in un separato giudizio abbia
o meno delle conseguenze sul piano della giurisdizione, e se, quindi, il giudice
ordinario possa o meno decidere una siffatta controversia.
Sulla questione non vi è omogeneità di vedute tra il Consiglio di Stato e la
Corte di Cassazione, che in recenti pronunce (Ad. Plen. nn. 9 del 2005 e 2 del
2006 e S.U. n. 1207 del 2006, tutte riferite a controversie rientranti nelle
"particolari materie" di giurisdizione esclusiva) hanno assunto posizioni
antitetiche. Il Consiglio di Stato ha infatti ritenuto che la giurisdizione del
giudice amministrativo non venga meno in caso di domanda risarcitoria proposta
dopo che l'atto R.G. 35684/2004 amministrativo sia stato annullato, in sede
giurisdizionale o in sede di autotutela da parte della stessa P.A.; la
Cassazione invece ritiene che la domanda rientri nella giurisdizione generale
del giudice ordinario perché con essa si fa valere un diritto soggettivo.
A sostengo della propria opzione interpretativa, l'Adunanza Plenaria si basa su
una serie di rilievi: - l'interpretazione letterale porta a concludere che
l'art. 7 della legge 1034/71 non introduce una prescrizione di contestualità tra
sindacato di legittimità e cognizione degli effetti di ordine patrimoniale;
- da un punto di vista logico sistematico "è inaccettabile, in via di principio,
una tesi che lasci al ricorrente la scelta del giudice competente, proponendo
insieme o distintamente le due domande, senza che mutino i presupposti di fatto
o di diritto sui quali si fondano"; - il nesso tra illegittimità dell'atto e
responsabilità dell'autorità amministrativa che lo ha emanato non è meno stretto
o ha diversa natura se le due questioni, quella relativa ai vizi dell'atto e
quella risarcitoria, sono esaminate e risolte in un unico giudizio o in due
giudizi separati.
La Cassazione fonda, al contrario, la giurisdizione del giudice ordinario solo
sull'assunto secondo cui la posizione giuridica di cui si chiede tutela ha
natura di diritto soggettivo.
A questa ricostruzione aderisce anche il T., che richiama nelle proprie memorie
la sentenza della Cassazione R.G. 35684/2004 9 n. 500 del 1999.
Ad avviso di questo Giudice, va ritenuta la giurisdizione del G.O.
Militano in favore di tale conclusione una serie di argomenti concorrenti.
L'opzione interpretativa sostenuta dalla Suprema Corte si basa, essenzialmente,
su un dato di natura sostanziale, il diritto soggettivo sotteso alla domanda
risarcitoria, abbandonando l'impostazione tradizionale di natura processuale,
sulla cui base si è sempre effettuato il riparto tra giurisdizione ordinaria e
giurisdizione amministrativa: il criterio della causa petendi (o petitum
sostanziale).
Ora, è vero che la sentenza n. 500 ha percorso una strada, quella della
giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di risarcimento del danno, che
all'epoca era obbligata, perché il giudice amministrativo non aveva, nell'ambito
della giurisdizione di legittimità, il potere di disporre il risarcimento, e che
tale situazione è oggi mutata, con l'attribuzione di un generale potere
risarcitorio in capo al Giudice Amministrativo.
E tuttavia, per comprendere appieno il senso di quel potere risarcitorio, pare
necessario riflettere su quanto affermato dalla Corte Cost. nella sent.
204/2004, ed in particolare nella parte della sentenza in cui ha spiegato le
ragioni per le quali "la dichiarazione di incostituzionalità (degli artt. 33 e
34) non investe in alcun modo" l'art. 7 (quello che ha modificato l'art. 35).
La Corte ha motivato questo suo convincimento osservando quanto segue: "i/
potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche attraverso la
reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non
costituisce sotto alcun profilo una nuova "materia" attribuita alla sua
giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello
classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al
cittadino nei confronti della pubblica amministrazione. L'attribuzione di tale
potere non soltanto appare conforme alla piena dignità di giudice riconosciuta
dalla Costituzione al Consiglio di Stato, ma anche, e soprattutto, essa affonda
le sue radici nella previsione dell'art. 24 Cost., il quale, garantendo alle
situazioni soggettive devolute alla giurisdizione amministrativa piena ed
effettiva tutela, implica che il giudice sia munito di adeguati poteri; e
certamente il superamento della regola (avvenuto, peraltro, sovente in via
pretoria nelle ipotesi olim di giurisdizione esclusiva), che imponeva, ottenuta
tutela davanti al giudice amministrativo, di adire il giudice ordinario, con i
relativi gradi di giudizio, per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali
consequenziali e l'eventuale risarcimento del danno (regola alla quale era
ispirato anche l'art. 13 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, che pure era di
derivazione comunitaria), costituisce null'altro che attuazione del precetto di
cui all'art. 24 Cosi. ".
Dunque, nel pensiero delle Corte, a) il risarcimento del danno non è una
materia, ma uno strumento di tutela; b) come tale si tratta, però, di uno
strumento di tutela "ulteriore" rispetto a quello classico sperimentabile avanti
al giudice amministrativo; c) tale strumento risulta attribuito al giudice
amministrativo in funzione della garanzia della effettività del diritto di
azione; d) l'attribuzione dell'utilizzabilità di tale strumento avanti al
giudice amministrativo serve per evitare che il cittadino sia costretto ad adire
prima la giurisdizione amministrativa per vedersi riconosciuta la tutela
demandata in via esclusiva al giudice amministrativo e poi il giudice ordinario
per ottenere il risarcimento del danno.
Se così è, e se questo è l'assetto costituzionalmente corretto del riparto di
giurisdizione in materia risarcitoria, pare innegabile che l'attribuzione al
privato, che sia costretto a rivolgersi al Giudice Amministrativo allo scopo di
ottenere la declaratoria di illegittimità di un atto, della facoltà di ottenere
"in unica soluzione" anche il risarcimento del danno, costituente una tutela
ulteriore, in quanto rappresenta una realizzazione piena del dettato
costituzionale dell'art. 24 Cost. (e, potrebbe aggiungersi, di quello dell'art.,
111 Cost.), non può per ciò stesso essere trasformata in un obbligo;
nell'obbligo, cioè, di agire immediatamente per il risarcimento dei danni
innanzi al Giudice della legittimità dell'atto, specie ove si consideri che,
normalmente, nell'immediatezza dell'emanazione dell'atto illegittimo, il privato
non è neanche in grado di conoscere l'esistenza e l'entità dei danni che quell'atto
può provocargli.
Una volta, poi, che si ammetta che l'azione risarcitoria possa essere esercitata
separatamente da quella volta ad ottenere la caducazione dell'atto, non pare del
tutto esatto quanto assunto dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato per
giustificare la rivendicazione della propria giurisdizione: ed infatti, i
presupposti di fatto e di diritto della domanda risarcitoria mutano a seconda
che l'azione sia proposta contestualmente a quella di annullamento o
successivamente, dal momento che in questo secondo caso l'atto illegittimo
generatore del danno rappresenta un mero "fatto", ormai privo delle sue
connotazioni autoritative. D'altro canto, se il fatto produttivo del danno fosse
rappresentato da un atto illegittimo, poi annullato dall'Amministrazione in sede
di autotutela, non essendovi un atto da annullare, non pare dubbio che a
conoscere della domanda risarcitoria non possa che essere il G.O.; e non
dissimile risulta il caso in cui l'atto illegittimo sia stato annullato a
seguito del ricorso al Giudice amministrativo.
Con riferimento al caso di specie, poi, può persino dubitarsi del fatto che la
giurisdizione del G.A. sia una giurisdizione di legittimità: essa, infatti, in
materia elettorale, come visto si connota come giurisdizione di merito, a fronte
della quale la posizione dell'interessato non pare di interesse legittimo,
trattandosi piuttosto di un diritto, e di un diritto soggettivo pubblico, di
diretta matrice costituzionale.
Da ultimo, non può non considerarsi che la regolamentazione della giurisdizione,
all'interno del sistema, spetta proprio alla Corte di Cassazione, i cui
pronunciamenti in materia sono dunque dotati di particolare autorità (oltre che
autorevolezza).
5. Passando al merito, va preliminarmente verificata la legittimazione passiva
dei convenuti; ed infatti, sia il Comune di Napoli, sia il Ministero
dell'Interno e l'Ufficio elettorale Centrale hanno eccepito il proprio difetto
di legittimazione passiva, ed in particolare l'Amministrazione centrale ha
fondato tale eccezione su quanto sostenuto dal Tar Campania nella stessa
sentenza con la quale è stata accertata l'avvenuta elezione del T., laddove
afferma essere il Comune, e non l'amministrazione Statale e gli organi
temporanei preposti ad accertare e dichiarare i risultati, unico legittimo
contraddittore nel contenzioso elettorale.
Ad avviso di questo Giudice, la legittimazione compete al Ministero ed
all'Ufficio Elettorale.
Ed infatti, l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale
Amministrativo è il frutto della peculiare giurisdizione spettante a quel
Giudice in materia di R.G. 35684/2004 14 contenzioso elettorale, che è destinata
a sfociare nella eventuale rettifica delle risultanze delle operazioni
elettorali;
come ben evidenziato nella citata pronuncia, l'individuazione della qualità di
parte innanzi al Giudice Amministrativo va effettuata in base al criterio dei
risultati della consultazione elettorale (criterio che porta ad identificare
come legittimata l'amministrazione cui si riferisce l'elezione), e non già
dell'imputazione formale degli atti contestati. Ben diverso è, allora, il
discorso allorché si discuta di risarcimento danni: in questo caso, non conta
più, ai fini della legittimazione, il risultato elettorale (ormai
definitivamente accertato per effetto della pronuncia del G.A.), ma proprio
quell'imputazione formale degli atti compiuti, che qui sono senza dubbio
ascrivibili all'Ufficio Centrale Elettorale, organo straordinario dello Stato.
Del resto, tale conclusione è stata, implicitamente ma con chiarezza, avallata
dal Consiglio di Stato che, confermando con la sentenza 7045/2003 la decisione
del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania anche con riguardo alla
regolamentazione delle spese del primo grado, ha però chiarito che "in altra
sede l'ente locale, ove sussistano i presupposti per un'azione di risarcimento
dei danno, possa far valere il pregiudizio subito a causa del comportamento
tenuto da altri soggetti intervenuti nel procedimento elettorale", con ciò
chiaramente indicando nell'Ufficio R.G. 35684/2004 15 Elettorale e nel Ministero
dell'Interno in cui quell'organo è incardinato il soggetto tenuto a rispondere,
sotto il profilo risarcitorio, delle eventuali irregolarità verificatesi nel
procedimento elettorale.
Va, dunque, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune di
Napoli, essendo legittimato nel presente giudizio esclusivamente il Ministero
dell'Interno e l'Ufficio Elettorale Centrale.
6. L'attore ha invocato il risarcimento di una serie di danni a suo dire
derivatigli dalla illegittima, temporanea, esclusione dal Consiglio
Circoscrizionale Avvocata - Montecalvario - S. G. - Porto; danni rapportati alla
mancata percezione del "gettone" di presenza che compete ai consiglieri per
ciascuna seduta, alla lesione all'immagine subita, ed al danno non patrimoniale
connesso all'ingiusta lesione di valori costituzionalmente garantiti.
La domanda risulta fondata e meritevole di accoglimento.
Innanzitutto, non v'è dubbio, per essere stato accertato dal Giudice
Amministrativo, che la proclamazione tra gli eletti in quel Consìglio
Circoscrizionale di tale G. M. in luogo del T. sia stato il risultato
dell'attribuzione del tutto irregolare alla prima di 12 preferenze nel seggio n.
67, non risultanti dall'analisi delle tabelle di scrutinio e dalle schede della
sezione. Esclusi tali voti arbitrariamente attribuiti alla M., è dunque
risultato eletto proprio il T..
R.G. 35684/2004 16 Risulta dalla documentazione in atti, che nel periodo in cui
ha ricoperto la carica di consigliere circoscrizionale la M. ha preso parte a
120 sedute del Consiglio: è dunque senz'altro ipotizzabile che l'odierno attore
avrebbe partecipato ad altrettante sedute. Il compenso (gettone di presenza) dei
consiglieri circoscrizionali ammonta ad € 54,23 per ogni seduta, per un totale,
dunque, di € 6.507,60. Né pare decisivo, in senso contrario, che il compenso dei
Consiglieri consista, appunto, in un gettone di presenza, e che, pertanto, come
sostenuto dall'Avvocatura dello Stato, valga a compensare un impegno che, nella
fattispecie, non vi è stato:
tale modo di argomentare, che pare quasi rifarsi alla cd. compensatio lucri cum
dammo, non pare fondato, dal momento che la quel mancato impegno rappresenta
proprio il danno, e non un vantaggio, per il consigliere illegittimamente
escluso dalla sua carica.
Il T. ha, poi, chiesto il ristoro per pretesi danni all'immagine: egli, infatti,
consigliere uscente, avrebbe subito una interruzione nella propria attività
politica, e, così, una lesione nel rapporto con il proprio elettorato in termini
di rappresentatività ed immagine.
Ora, va innanzitutto tenuto conto della effettiva realtà di cui si tratta,
quella dei Consigli Circoscrizionali, e delle non particolarmente rilevanti
funzioni dagli stessi esercitate; si tratta, cioè, di un ambito nel quale pare
difficile individuare (anche in ragione del tempo relativamente breve nel quale
la vicenda si è conclusa) una lesione nel rapporto tra consigliere ed
elettorato, e meno ancora un vero e proprio danno all'immagine (peraltro non
provato) arrecato dalla mancata elezione. In ogni caso, potrebbe anche ritenersi
che la battaglia" sostenuta per il riconoscimento dell'avvenuta elezione possa
aver rinsaldato tale legame, salvaguardando, o addirittura confermando,
l'immagine del consigliere T., oggettivamente vittima, al pari dei suoi
elettori, sino all'intervento del Tar, di un vero e proprio sopruso.
Ricorre, invece, un danno non patrimoniale; il T. ha visto ingiustamente
comprimere un suo diritto costituzionale (quello all'elettorato passivo), da
azioni che, peraltro, in astratto sembrano riconducibili anche ad estremi di
reato. Da tale lesione non possono non esserne derivate sofferenze, patemi
d'animo e disagi, che pare necessario risarcire, sia pure in via puramente
equitativa. Avuto riguardo alla natura del fatto, al tipo di carica di cui si
discute, al periodo durante il quale l'attore ne è stato estromesso, ed alle
presumibili sofferenze derivatene, pare equo quantificare il danno in € 2.500,00
in valuta attuale.
Complessivamente, all'attore compete, a titolo di risarcimento danni, la
complessiva somma di € 9.007,60, che andrà maggiorata di interessi legali dalla
presente pronuncia sino all'effettivo soddisfo.
R.G. 35684/2004 18 Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano, in
mancanza di nota spese, avuto riguardo al valore della lite, al numero di
udienze ed all'attività difensiva svolta, in complessivi € 1.552,37, di cui €
100,00 per spese, € 711,00 per diritti, € 580,00 per onorario di avvocato ed €
161,37 per rimborso spese generali, oltre IVA e CPA come per legge, con
attribuzione all'avv. Alessandro Biamonte che ha dichiarato di averne fatto
anticipo.
Vanno compensate per intero le spese di lite nei rapporti tra attore e Comune di
Napoli.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente
pronunciando, così provvede:
dichiara il difetto di legittimazione passiva del Comune di Napoli;
accoglie la domanda nei confronti del Ministero dell'Interno - Ufficio
Elettorale Centrale per le elezioni amministrative 2001 presso i Consigli
Circoscrizionali del Comune di Napoli, e per l'effetto lo condanna al pagamento
in favore di G. T., a titolo di risarcimento danni, della complessiva somma di €
9.007,60, oltre interessi legali dalla presente pronuncia al saldo;
condanna il Ministero dell'Interno al pagamento delle spese di lite, liquidate
in complessivi € 1.552,37, oltre IVA e CPA come per legge, con attribuzione
all'avv. Alessandro Biamonte che ha dichiarato di averne fatto anticipo;
compensa per intero le spese di lite nei rapporti
tra G. T. e Comune di Napoli.
Così deciso in Napoli, il 25.3.2006.
il copyright © dei testi
dei commenti e delle pubblicazioni appartiene ad Alessandro Biamonte. E'
consentita la riproduzione per il solo uso personale finalizzato allo studio e
all'attività scientifico - professionale. E' vietata la riproduzione anche
parziale del testo senza l'indicazione del nome dell'autore e la fonte. Ogni
abuso sarà perseguito, ivi compreso il plagio, evidenziando che si tratta di
opere dell'ingegno già catalogate, pubblicate su riviste e in volumi ufficiali
(dotati di numeri ISSN e ISBN), per le quali l'Avv. Biamonte è titolare del
copyright in quanto autore. E' consentita la citazione, anche in testi scientifici, a
condizione che venga indicato il nome dell'autore e la fonte.