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commento pubblicato su - www.lexitalia.it - n. 11/2000

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - Ordinanza 14 novembre 2000 n. 5765 - Pres. Rosa, Est. Buonvino - Vittorioso ed altro (Avv.ti Biamonte, Iadanza e Buano) c. Barbato (Avv. Romano) e Comune di Orta di Atella (n.c.) - (annulla TAR Campania-Napoli, Sez. IV, n. 4690/2000)

Edilizia ed urbanistica - Concessione edilizia – Voltura – In favore dei promittenti compratori che siano anche possessori dell’area edificabile – Appare legittima e non può essere sospesa.

Non può essere sospeso, apparendo legittimo e non essendo configurabile un danno grave e irreparabile, un provvedimento con il quale un Comune ha autorizzato la voltura di una concessione edilizia in favore di promittenti compratori che siano anche possessori del fondo sul quale insisterà la realizzanda costruzione (1).

COMMENTO

DI

ALESSANDRO BIAMONTE

(1) Il semplice possesso (non accompagnato dalla titolarità) di un’area per la quale sia stata rilasciata, prima della traditio al nuovo possessore, concessione edilizia a favore del proprietario, costituisce titolo idoneo a fondare l’atto con il quale si dispone, ad opera del Comune, la voltura della medesima.

Questa la sintesi che, si ricava, nell’immediatezza (anche alla luce della succinta motivazione espressa ai sensi della L. 205/2000) da questa pronuncia cautelare con la quale la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, disattendendo la tesi del giudice di primo grado, ha riformato l’ordinanza TAR Campania - Quarta sezione n. 4990/2000, che, su istanza dei proprietari - promittenti venditori, aveva sospeso il provvedimento di voltura di una concessione edilizia a favore dei promittenti acquirenti già immessi nel possesso del fondo in virtù di specifica clausola del contratto preliminare. 

Quest’ultimo, infatti, esplicitamente prevedeva la traditio del possesso con lo scopo precipuo di consentire l’installazione del cantiere ai fini della realizzazione dell’importante programma edificatorio assentito. Vicende di varia natura avevano indotto i promittenti venditori a non onorare l’obbligo di contrarre assunto in sede di preliminare di vendita, con conseguente proposizione, da parte dei promittenti acquirenti - già immessi nel possesso -, di una azione ex art. 2932 c.c. onde ottenere, in via giudiziale, il trasferimento dell’immobile. Nelle more della decisione del giudice civile, i proprietari del fondo impugnavano l’atto con cui l’amministrazione competente aveva, sulla base del preliminare, disposto la voltura della concessione a favore dei nuovi possessori.

Il Consiglio di Stato, peraltro, ha anche operato una opportuna valutazione in relazione al danno conseguente alla sospensione dell’atto di voltura, considerato che, in seguito al venir meno (rectius: alla sospensione) dell’efficacia del medesimo, avrebbero subito gravi conseguenze sia i promittenti acquirenti – i quali, benché legittimi possessori (almeno sino alla definitiva pronuncia del giudice civile) non avrebbero potuto edificare a dispetto dei gravosi impegni economici assunti -, sia i promittenti venditori, i quali non avendo la disponibilità dell’area, non avrebbero potuto giovarsi del provvedimento di sospensione, con la conseguenza di vedere decadere, a causa del decorso del tempo, il titolo concessorio che essi stessi avevano richiesto.

La questione relativa alla legittimità, o meno, di un provvedimento di voltura della concessione edilizia, pure in assenza del diritto di proprietà, non può prescindere da una approfondita analisi dell’art. 4 della L. 10/1977.

Dispone, infatti, la norma in questione che «la concessione è data dal sindaco al proprietario o a chi abbia titolo per richiederla con le modalità, con la procedura e con gli effetti di cui all’articolo 31 della legge 17 agosto 1942 n. 1150». Orbene, come si ricava dalla locuzione disgiuntiva «o», lo stesso legislatore sembra prevedere, in alternativa al carattere dominicale della disponibilità dell’area, altro titolo legittimante. Ai nostri fini, poi, rileva anche il co. 6 del medesimo articolo, il quale dichiara trasferibile la concessione «ai successori o agli aventi causa». 

Il problema maggiore, nell’interpretazione normativa, è dunque quello del significato, restrittivo o estensivo, da attribuire a tale dictum normativo («successori o aventi causa»). Indubbiamente il primo comma dell’art. 4 offre un importante spunto, considerato che riconosce la possibilità di richiedere la concessione anche a chi non sia proprietario. Naturalmente occorrerà individuare i confini tracciati dalla norma.

Vi è stata, infatti, qualche pronuncia che ha disconosciuto il diritto di richiedere la concessione edilizia al soggetto che sia parte di un semplice preliminare di vendita (tra tutte: Cons. St., sez. V, 20.10.1994 n. 1220), «posto che il trasferimento del diritto di costruire a favore del promittente acquirente avviene, di regola, solo al momento della stipula del contratto definitivo». Le conclusioni, però, sul punto non possono essere generalizzate, dal momento che, come lo stesso Consiglio di Stato ha riconosciuto in tale ultima pronuncia, di regola (ma non sempre) avviene che il trasferimento del ius edificandi sia posticipato alla stipula del contratto definitivo, ben potendo contemplare, il preliminare, esplicita clausola (come nel caso di specie) dalla quale si evinca una volontà differente e, in forza della quale, la traditio avvenuta anzitempo assolva a questo scopo.

Pertanto, il Consiglio ben ha potuto affermare, in questi casi, che «il promissario acquirente di un terreno edificabile, che ne abbia il possesso incontestato e pacifico in forza di un’apposita clausola di un contratto preliminare di compravendita è legittimato, ai sensi dell’art. 4, l. 28 gennaio 1977 n. 10, ad ottenere il rilascio della concessione edilizia per un intervento costruttivo da realizzare su quel terreno, perché tale norma privilegia la disponibilità titolata dell’area, anche di natura non dominicale, e non contrasta con le leggi civili» (Cons. St., sez. V, 18.6.1996, n. 718). 

Il legislatore ha, quindi, dimostrato di volere prediligere la relazione del possessore con il bene, prescindendo dalla disponibilità dominicale. Si guarda dunque all’esercizio di un potere sulla cosa (nel caso di specie, attuazione del progetto edificatorio: finalità espressamente richiamata nell’articolo del contratto) che si estrinseca in quella situazione per cui il possesso è una mera situazione di fatto (così come prevede l’art. 1140 c.c.), tutelata in quanto tale, prescindendo dalla titolarità del diritto reale.

Questa la lettura della norma, confermata dall’ordinanza esaminata.

ALESSANDRO BIAMONTE
(Avvocato del foro di Napoli)

 

 

Registro Ordinanze: 5765/2000

Registro Generale: 9769/2000

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE

Sezione Quinta

composto dai Signori: Pres. Salvatore Rosa

Cons. Stefano Baccarini

Cons. Corrado Allegretta

Cons. Marcello Borioni

Cons. Paolo Buonvino Est.

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

nella Camera di Consiglio del 14 novembre 2000

Visto l’art. 21, u.c., della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dall’art. 3, comma 1 della legge 21 luglio 2000, n. 205;

Visto l’appello proposto da:

VITTORIOSO VINCENZO

RUSSO CARMINE

rappresentato e difeso da:

Avv. ALESSANDRO BIAMONTE

Avv. Franco IADANZA

Avv. ITALO BUANO

con domicilio eletto in Roma

VIA C. NEPOTE, 21

presso

FRANCO IADANZA

contro

BARBATO LIVIA

rappresentato e difeso da:

Avv. ANTONIO ROMANO

con domicilio eletto in Roma

VIA MICHELE MERCATI

presso

ENNIO LUPONIO

e nei confronti di

COMUNE DI ORTA DI ATELLA

non costituitosi;

per l’annullamento dell’ordinanza del TAR CAMPANIA - NAPOLI: Sezione IV n. 4690/2000, resa tra le parti, concernente VOLTURA CONCESSIONE EDILIZIA;

Visti gli atti e documenti depositati con l’appello;

Vista l’ordinanza di accoglimento della domanda cautelare in primo grado;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di

BARBATO LIVIA;

Udito il relatore cons. Paolo Buonvino, uditi altresì per le parti gli avv.ti F. Iadanza, I. Buano e A. Romano;

Ritenuto che, almeno ad un primo sommario esame, non sembrano sussistenti sufficienti requisiti di fondatezza dell’originario ricorso, anche tenuto conto della situazione di possesso del fondo in capo agli appellanti;

che in ogni caso, non appare configurabile un danno grave e irreparabile in capo all’appellata in connessione alla mancata sospensione dell’atto impugnato;

P.Q.M.

Accoglie l’appello e, in riforma dell’ordinanza impugnata, respinge l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato in primo grado.

La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Roma, 14 novembre 2000

IL PRESIDENTE f.to ROSA

L’ESTENSORE f.to BUONVINO

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