--------------
(1) Cfr. Cass. S.U., sentenza n.
493 del 1998, e, in senso conforme, sentenze nn. 11210 e 11354 dello stesso
anno, che hanno composto il contrasto insorto nell’ambito della prima sezione;
s.u. 109/99 e prima sezione nn. 333, 7200, 12353, 13492 del 1999; s.u. n. 299
del 2000.
(2) Cfr. Cass. S.U., sentenze nn.
388 e 299/2000, 10471999, 4821 e 2645/1998.
(3) Tra le più recenti v. Cass. S.U.,
sentenze nn. 110, 111 e 739 del 1999; 2641, 2645, 4821, 8596, 11354 del 1998.
(4) Cfr. Cass. S.U., sentenze nn.
2497, 2645, 4821, 12700 del 1998, 6089/1994, 10998 e 11078/1993.
(5) Cass. sez. un. n. 499/1999,
11354/98.
(6) Cfr. Cass. S.U., sentenze nn.
157 e 110/99, 11078/93.
ALESSANDRO BIAMONTE
(Avvocato del foro di
Napoli)
La sentenza in rassegna consolida
degli orientamenti ormai pacifici nella giurisprudenza della Suprema Corte.
Il giudizio in questione concerne
la rideterminazione delle indennità di espropriazione ed occupazione spettanti
in relazione a procedure ablatorie eseguite in attuazione del programma edilizio
di cui alla legge 14.5.1981 n. 219 (ricostruzione post-terremoto nell’area della
città di Napoli). E’ interessante notare come, a distanza di vent’anni dal
tragico sisma, vi siano questioni ancora aperte, che tardano a chiudersi.
Legata alle previsioni della Legge
219/81, anche in virtù dei richiami contenuti alla L. 2892/1885 (legge sul
«risanamento di Napoli»), è l’attività della «Giunta Speciale per le
Espropriazioni» presso la Corte di Appello di Napoli, che esercita il suo potere
«giurisdizionale» avuto riguardo alla determinazione di tutte le indennità
spettanti (espropriazione, occupazione, asservimento, etc.) in relazione
all’attuazione del programma edilizio per la città di Napoli (si badi: la
giurisdizione interessa il solo perimetro urbano della città, escludendo anche
l’ampia area metropolitana partenopea, notoriamente caratterizzata da un intenso
fenomeno di conurbazione con il capoluogo).
Anche se non è questa la sede
idonea, non può omettersi di considerare come l’organo in questione possa essere
ricompreso tra quelle giurisdizioni speciali destinate ad essere sottoposte a
revisione, in applicazione della VI disposizione transitoria della Costituzione.
E in tal senso, l’argomento
risulterebbe ancora più accattivante se si considerassero tutte le implicazioni
connesse alle previsioni del D.Lgs. 80/98 in tema di riparto della giurisdizione
(si pensi solo all’annosa questione concernente i rapporti tra G.O. e G.A.: una
questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del D.Lgs. 80/98 -
sollevata dalle stesse SS.UU. con ord.za 25.5.2000 n. 43 -, questione
parzialmente risolta - per il futuro - dalla entrata in vigore della L.
205/2000, è tuttora pendente innanzi alla Corte Costituzionale). La
determinazione della giurisdizione competente a decidere controversie in materia
di «comportamenti materiali» della P.A. in procedure espropriative finalizzate
alla gestione del territorio non è per niente scontata, e, talvolta, vi sono
delle aree indefinite, in cui le due giurisdizioni (ordinaria e amministrativa)
sembrano sovrapporsi, senza dei confini precisi.
Sicuramente la sfera
giurisdizionale attribuita alla Giunta Speciale presso la Corte di Appello di
Napoli rientra in questo ambito. Non a caso il suo potere, nell’ambito delle
speciali (e limitate) materie, si estende anche ad ipotesi in cui non venga in
rilievo la semplice opposizione alla stima. Il problema della natura della
Giunta Speciale è poi un ulteriore argomento che sarebbe in grado di impegnare
l’estensore a piacimento.
Basti solo ricordare che lo stesso
Sandulli (Id., Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli,
1989, p. 1534), nell’accomunare la G.S.E. al Collegio speciale presso la Corte
di Appello di Roma (d.l. 6.7.1931 n. 981, d.l. 29.3.1966 n. 128, l. 26.5.1966 n.
311) nonché alle Commissioni prov.li per le requisizioni di quadrupedi, veicoli
e natanti (art. 27 t.u. 31.1.1926 n. 452) afferma che, quantunque tali
giurisdizioni vengano qualificate dal legislatore come collegi arbitrali, «non
si tratta di arbitri». Infatti «è evidente che, in quanto sono organi
predeterminati dalla legge, non si tratta di arbitrati volontari; ma nemmeno si
tratta di arbitrati necessari, dato che questi ultimi, se hanno in comune con le
giurisdizioni speciali il carattere della necessità, se ne differenziano pel
fatto che i loro componenti vengono scelti dalle stesse parti della controversia
- cosa che non accade nel caso in esame [n.d.r. la Giunta Speciale è di
diritto presieduta dal primo Presidente della Corte di Appello di Napoli,
coadiuvato da due tecnici; l’atto introduttivo è rappresentato da una citazione
a data fissa]».
Contro le sentenze della G.S.E. è
ammesso ricorso per cassazione, sia pure per gli specifici vizi previsti dal
d.l. lgt. n. 19/1919, cioè violazione di legge, eccesso di potere
(giurisdizionale) e incompetenza, restando esclusa ogni altra doglianza, ivi
compresi i tradizionali vizi di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., salvo che
questi si traducano, come ricorda la stessa sentenza oggi esaminata, in
«mancanza di motivazione, il che si verifica nei casi di assoluta carenza o di
inidoneità dell’esposizione ad evidenziare le ragioni della decisione».
Conseguentemente, la mancata censura concernente un vizio motivazionale
inquadrabile tra quelli deducibili (previsti dal d.l.lgt. in parola) rende
inammissibile qualsiasi altro tipo di prospettazione del vizio.
Ritornando alla sentenza in
oggetto, viene ormai confermato l’orientamento (iniziato con la sent. n.
493/1998, dopo alterne pronunce) in materia di calcolo dell’indennità di
occupazione. Essendo il procedimento di occupazione divenuto mera fase
sub-procedimentale del più ampio procedimento espropriativo, e, avendo entrambe
le indennità (espropriativa e di occupazione) omogeneità «morfologica e
funzionale», l’indennità di occupazione andrà commisurata ad una quota
percentuale dell’indennità di espropriazione, e non più calcolata sul valore
venale pieno dell’immobile.
Quanto alla spettanza
dell’indennità di occupazione è sufficiente rilevare che ogni occupazione
temporanea e di urgenza «ingenera un’obbligazione indennitaria diretta a
compensare, per tutta la durata dello stato di temporanea indisponibilità del
bene, il detrimento dato dal suo mancato godimento», che postula un separato
ristoro. Situazione che vale anche per le occupazioni poste in essere alla luce
del programma previsto dal titolo VIII della legge 219/81. Ciò senza considerare
che la speciale disciplina prevede la corresponsione di tutte le indennità
previste dalla L. 385/1980; legge che, all’art. 2, contempla l’indennità di
occupazione.
E’ poi confermato il carattere di
specialità della disciplina introdotta dalla L. 219/81 sia sotto il profilo
processuale, sia sotto quello sostanziale. Anche per questo motivo non è
invocabile la norma dell’art. 5 bis della L. 359/92 (anche se è solo il
caso di ricordare che il metodo di calcolo dell’indennità di espropriazione è
mutuato proprio dalla L. 2892/1885, ossia la ben nota legge sul «risanamento»
della città di Napoli, direttamente richiamata dall’art. 80 L. 219/81).
A conferma dell’altrettanto
consolidata giurisprudenza (sentt. 388 e 299/2000, 104/1999, 4821 e 2645/1998)
si afferma, inoltre, che, quando le opere - come nel caso di specie - sono state
oggetto di concessione traslativa (con attribuzione al concessionario di poteri
pubblicistici, tra i quali quelli necessari all’attuazione delle procedure
ablatorie), il concessionario, soggetto attivo del rapporto espropriativo,
diviene unico titolare, sul piano passivo, di tutte le obbligazioni indennitarie
connesse, e, pertanto, unico legittimato.
In ultimo, la Cassazione afferma
che la circostanza che alcuni degli immobili espropriati siano stati costruiti
abusivamente non incide sul diritto a tale indennità. Infatti, l’art. 80, co. 6,
della legge 219/1981, per la determinazione dell’indennità di esproprio, rinvia
al criterio stabilito dall’art. 13 L. 2892 del 1885, in base al quale uno dei
due elementi è costituito dal valore venale dell’immobile. Ove si tratti di
manufatto abusivo per il quale sia stata avanzata istanza di condono, il giudice
deve solo accertare l’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria
(condizione che consente la determinazione della condizione urbanistica
dell’immobile necessaria per stabilirne il valore di mercato).
Per ciò che riguarda la data cui
riferire la valutazione dei beni espropriati, è riconosciuta validità al
consolidato principio per cui, in virtù dell’indissolubile collegamento tra
indennità di espropriazione e momento del trasferimento delle proprietà del bene
attraverso l’espropriazione per p.u., l’ammontare dell’indennità deve essere
determinato con riferimento alla data del provvedimento che dispone l’ablazione
del diritto (A.B., 08.11.2000).
Segue il testo della sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
composta dagli Ill.mi Sigg.
magistrati
Dott. Romano PANZARANI - Primo
presidente f.f. -
" Vincenzo BALDASSARRE - Presidente
di sezione -
" Francesco AMIRANTE - Presidente
di sezione -
" Ernesto LUPO - Consigliere -
" Roberto PREDEN "
" Fabrizio MIANI CARNEVARI "
" Ugo VITRONE "
" Federico ROSELLI "
" Giuseppe SALME’ rel. "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
CONSORZIO EDINA,
in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamemte
domiciliato in Roma, viale Parioli 67, presso l’Avv. Antonio Lamberti che
la rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso - ricorrente
-
contro
LIGUORI ANTONIO,
nonché, LIGUORI LUIGI, LIGUORI VINCENZO, LIGUORI ROSARIO, LIGUORI MASSIMO,
NOLANO ANGELA, nella qualità di eredi di LIGUORI SALVATORE,
domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e
difesi dagli avvocati Franco Iadanza e Ennio Imperatore per
procura speciale a margine del controricorso,
- controricorrenti-
nonché
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI - C.I.P.E., in persona del
Presidente del Consiglio dei Ministri, elettivamente domiciliato in Roma, via
dei portoghesi 12, presso l’avvocatura generale dello Stato che li rappresenta e
difende per legge,
- controricorrente-
avverso la sentenza della giunta
speciale per le espropriazioni presso la corte di appello di Napoli del 26
settembre 1997.
Sentita la relazione della causa
svolta dal cons. Giuseppe Salmè alla pubblica udienza del 17. Febbraio 2000;
sentito l’avv. Abbamonte, per
delega, per il ricorrente;
sentito il p.m., in persona del
sost. Proc. Gen. Dott. Domenico Iannelli che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso, per quanto di ragione.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 20
gennaio 1989 Antonio e Salvatore Liguori hanno convenuto in giudizio davanti
alla giunta speciale per le espropriazioni presso la corte di appello di Napoli
il funzionario delegato del CIPE e il consorzio EDINA, chiedendo che fossero
determinate le giuste indennità conseguenti all’espropriazione, ai sensi
dell’art. 8 0 della legge n. 219/81, di alcuni immobili, dei quali erano
comproprietari insieme con Gennaro, Mario e Anna Liguori. Tali immobili erano
stati occupati l’11 giugno 1981 ed espropriati con decreto del 9 luglio 1990,
dopo che, con ordinanza sindacale del 24 aprile 1986, era stata determinata
l’indennità di espropriazione.
Il consorzio ha eccepito il difetto
di giurisdizione e, in via subordinata, l’incompetenza della giunta, il difetto
di legittimazione attiva e il proprio difetto di legittimazione passiva, nonché
l’inammissibilità e l’infondatezza delle proprie domande. Anche la presidenza
del consiglio dei ministri ha eccepito il proprio difetto di legittimazione
passiva.
Con sentenza del 26 settembre 1997
la giunta ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della presidenza
del consiglio dei ministri, osservando che gli articoli 80, 81, e 84 della n.
219 del 1981 demandano al concessionario il compimento in nome proprio di tutte
le operazioni materiali, tecniche e giuridiche occorrenti per la realizzazione
del programma edilizio, ancorché comportanti l’esercizio di poteri di carattere
pubblicistico, come l’espletamento delle procedure di espropriazione, l’offerta,
il pagamento e il deposito delle indennità. Pertanto il consorzio, nella qualità
di concessionario, era l’unico legittimato di fronte alle domande degli
espropriati. E’ stata poi determinata l’indennità di espropriazione in £
299.625.627, operando la media aritmetica tra il valore di mercato dei beni alla
data del decreto di esproprio, pari a £ 583.812.750 (comprensiva del valore dei
beni per i quali era stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria ai sensi
della legge n. 47 del 1985) con il coacervo decennale delle rendite catastali.
Quanto all’indennità di occupazione legittima, respinta la tesi secondo la quale
nessuna indennità sarebbe dovuta per le espropriazioni di cui si tratta, la
giunta per le espropriazioni l’ha liquidata nella misura del saggio degli
interessi legali per anno sul valore pieno degli immobili espropriati, dalla
data dell’occupazione a quella dell’esproprio, con gli ulteriori interessi
legali sulla somma così liquidata, dalla data del decreto di esproprio al
soddisfo.
Avverso la sentenza della giunta
per le espropriazioni il consorzio Edina ha proposto ricorso per cassazione
sulla base di undici motivi. Resistono con controricorso la presidenza del
consiglio dei ministri - CIPE, Antonio Liguori e gli eredi di Salvatore Liguori.
Motivi della decisione
1
I ricorrenti deducono la violazione dell’art. 5 bis della legge n. 359
del 1981, in relazione all’art. 80 della legge n. 219 del 1981 e agli articoli
12 e 13 della legge 2892 del 1885; eccesso di potere per contraddittorietà,
difetto di istruttoria, omessa valutazione di circostanze di rilievo risolutivo,
difetto assoluto di motivazione e motivazione insufficiente, perplessa e
contraddittoria, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.
Le censure, esposte peraltro in
modo non perspicuo, mediante riproposizione di censure di identico contenuto
proposte davanti alla giunta, possono essere riassunte, nell’ordine attribuito
dal ricorrente, nel modo che segue.
Relativamente alla determinazione
dell’indennità di occupazione legittima:
nel determinare l’indennità di
occupazione dovrebbe tenersi conto dello jus superveniens introdotto
con l’art. 5 bis della legge n. 359 del 1981 [rectius: 1992],
anche se la norma non fosse applicabile alla determinazione dell’indennità di
espropriazione dei beni necessari per gli interventi edilizi conseguenti al
terremoto, da effettuarsi nella città di Napoli;
la giunta per le espropriazioni
non avrebbe giurisdizione sulla domanda diretta ad ottenerer l’indennità di
occupazione, perché l’art. 80, 6° comma della legge n. 219 del 1981, che
potrebbe costituire il fondamento normativo del potere della giunta,
riguarderebbe solo l’indennità di espropriazione e perché, comunque, non
sarebbe applicabile la disciplina dell’opposizione alla stima, in mancanza di
offerta dell’indennità di cui si tratta;
il consorzio non sarebbe
passivamente legittimato per essere rimasto estraneo all’occupazione delle
aree interessate, disposta dal sindaco di Napoli, quale commissario di
Governo, molto tempo prima dell’affidamento delle opere in concessione e,
anche ne caso di liquidazione dell’indennità di occupazione, l’attività del
consorzio sarebbe del tutto vincolata e consisterebbe nella semplice
anticipazione di un’indennità che dovrà essere rimborsata dall’autorità
concedente;
i privati non avrebbero diritto
all’indennità di occupazione, per non aver fornito la prova della data in cui
hanno effettivamente perso il godimento dei beni, data che non coincide con
quella ella redazione dei verbali di consistenza;
l’art. 80, 7° comma della legge
n. 219 del 1981 prevede che i proprietari possano accettare indennità di
occupazione e di espropriazione, determinate ai sensi della legge n. 385 del
1980, godendo della maggiorazione del settanta per cento, ovvero che possano
fare opposizione alla stima, ma in tal caso, anche alla stregua dell’ordinanza
commissariale n. 45 del 1981, potrebbero avere solo l’indennità di
espropriazione;
comunque, l’indennità di
occupazione, nel caso in cui per la determinazione sia utilizzato il metodo
degli interessi legali, dovrebbe essere ragguagliata all’indennità di
espropriazione in concreto liquidata o liquidabile e non al valore pieno del
bene espropriato;
peraltro, il criterio degli
interessi legali non sarebbe l’unico criterio in base al quale si deve
liquidare l’indennità di occupazione;
sull’indennità di occupazione non
dovrebbero essere liquidati ulteriori interessi legali e rivalutazione
monetaria.
Quanto alla determinazione
dell’indennità di espropriazione, il ricorrente deduce che:
gran parte dei beni espropriati
non sarebbe indennizzabile perché abusiva;
gli attori non avrebbero fornito
la prova della propria legittimazione e delle quote di proprietà a ciascuno
spettante;
il valore dei beni andrebbe
determinato con riferimento alla data del deposito dell’indennità presso la
Cassa depositi e prestiti, e non a quella del decreto di esproprio.
2)
Il ricorso è fondato solo nella parte in cui censura
la sentenza della giunta per le espropriazioni con riferimento alla
determinazione dell’indennità di occupazione, liquidata nella misura degli
interessi legali sulla somma corrispondente al valore venale pieno dei beni
espropriati. Infatti è orientamento ormai costante, dopo l’intervento di queste
sezioni unite (sentenza n. 493 del 1998, e, in senso conforme, sentenze nn.
11210 e 11354 dello stesso anno; s.u. 109/99 e prima sezione nn. 333, 7200,
12353, 13492 del 1999; s.u. n. 299 del 2000), che hanno composto il contrasto
insorto nell’ambito della prima sezione - che ai sensi dell’art. 72, 4° comma
della legge 2359 del 1865, all’immobile soggetto ad espropriazione deve essere
attribuito il medesimo valore, sia ai fini della determinazione dell’indennità
di occupazione che per la liquidazione dell’indennità di espropriazione, essendo
il procedimento per l’occupazione preliminare divenuto - da autonomo e meramente
collegato - mera fase subprocedimentale del più ampio procedimento espropriativo
e avendo entrambe le indennità omogeneità morfologica e funzionale, in quanto
compensazione di un medesimo pregiudizio. Pertanto l’indennità di occupazione
deve essere liquidata in misura percentuale (che ben può corrispondere al tasso
di interesse legale) della somma capitale corrispondente all’indennità che, in
concreto, sarebbe dovuta per l’espropriazione e non al valore venale del bene.
La sentenza della giunta per le
espropriazioni deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto, con
rinvio alla stessa giunta, in diversa composizione, che si atterrà al principio
ora indicato.
Gli altri motivi di ricorso sono,
in parte, inammissibili e in parte infondati.
Sono inammissibili le censure di
cui alle lettere Ad) e Bd) perché dirette a contestare un giudizio di fatto
della giunta per le espropriazioni, al di là dei limiti in cui, in questa sede,
è censurabile la motivazione della sentenza impugnata.
E’ noto, infatti, che il ricorso
alle sezioni unite avverso le decisioni della giunta speciale per le
espropriazioni presso la corte di appello di Napoli è ammesso per incompetenza,
eccesso di potere (giurisdizionale) e violazione di legge, restandone escluse le
doglianze relative a valutazioni tecniche o ai presupposti di fatto su cui esse
si fondano, o comunque a vizi di motivazione, salvo che tali vizi si traducano
in mancanza di motivazione, il che si verifica nei casi di assoluta carenza o di
inidoneità dell’esposizione ad evidenziare le ragioni della decisione.
La mancanza di prova del fondamento
delle domande accolte dalla giunta, senza l’indicazione di uno specifico vizio
motivazionale inquadrabile tra quelli deducibili, non può, pertanto, costituire
oggetto di motivo di ricorso suscettibile di essere esaminato.
Il motivo di cui alla lettera Ag) è
poi inammissibile perché, fermo il rilievo pacifico che il metodo della
liquidazione degli interessi sulla somma capitale liquidata a titolo di
indennità di espropriazione non è il solo metodo di determinazione
dell’indennità di occupazione, il ricorrente non indica alcuna ragione in base
alla quale, nella specie, la scelta di questo sistema sarebbe stata errata.
E’ inammissibile, infine, il motivo
di cui alla lettera Ah), nella parte in cui contesta l’applicazione della
rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di indennità di
occupazione, perché la sentenza impugnata si è limitata a disporre che su detta
somma il consorzio dovrà corrispondere gli interessi dalla data del decreto di
esproprio al soddisfo, senza procedere ad alcuna rivalutazione.
4)
Sono infondate le censure riguardanti la determinazione dell’indennità di
occupazioni diverse da quella accolta.
4.1.
In ordine logico deve essere, innanzi tutto, esaminata la questione di
giurisdizione. La tesi del ricorrente, secondo il quale la giunta sarebbe priva
di giurisdizione sulla domanda di indennità di occupazione è infondata, perché,
come è stato già più volte affermato (sentenze di queste sezioni unite nn. 157 e
110/99, 11078/93), nel caso di espropriazioni per la realizzazione a Napoli del
programma straordinario di edilizia residenziale per le aree terremotate, l’art.
80, 6° comma della legge n. 219 del 1981, rinviando ai criteri di cui alla legge
n. 2892 del 1885, introduce in materia una disciplina speciale sia sotto il
profilo sostanziale che sotto il profilo processuale, compresa l’attribuzione
della competenza in ordine alla determinazione dell’indennità di espropriazione
e di occupazione della giunta.
4.2.
Del pari è costante orientamento di queste sezioni
unite (sentenze nn. 388 e 299/2000, 10471999, 4821 e 2645/1998) che, ai sensi
degli art. 80, 81, 84 della legge n. 219 del 1981, quando le opere sono state
oggetto di concessione c.d. traslativa, con conseguente attribuzione all’ente
concessionario di poteri pubblicistici, ivi compresi quelli occorrenti per
l’espletamento delle procedure ablatorie, il concessionario medesimo, quale
soggetto attivo del rapporto espropriativo, diviene altresì unico titolare del
lato passivo di tutte le obbligazioni indennitarie che a quel rapporto si
collegano e quindi unico legittimato passivo nella controversia avente ad
oggetto l’opposizione alla stima.
Tale orientamento non è superato
dai rilievi del ricorrente, sia perché la circostanza che l’occupazione sia
iniziata prima della consegna delle aree, non toglie che il concessionario ne
fosse a perfetta conoscenza al momento della sottoscrizione del disciplinare con
il quale si è assunto l’obbligo di pagare le indennità spettanti ai privati, sia
perché l’esclusione di qualsiasi potere discrezionale nella determinazione
dell’indennità di cui si discute, che deve avvenire secondo i criteri fissati
dalla legge, non è vicenda particolare che attenga al peculiare procedimento
espropriativo disciplinato dalla legge n. 219 del 1981, ma è caratteristica
comune a tutte le espropriazioni e non giustifica quindi alcuna deroga agli
ordinari principi in base ai quali, in caso di concessione traslativa di
costruzione di opera pubblica, la legittimazione passiva rispetto alle domande
degli espropriati, dirette ad ottenere il pagamento delle indennità di
espropriazione e di occupazione legittima, spetta esclusivamente al
concessionario.
4.3.
In ordine all’indennità di occupazione, è stato già rilevato che il principio
secondo cui ogni occupazione temporanea e d’urgenza, imposta dall’esigenza di
una più celere esecuzione dell’opera dichiarata di pubblica utilità rispetto ai
termini occorrenti per le procedure espropriative, ingenera un’obbligazione
indennitaria diretta a compensare, per tutta la durata dello stato di temporanea
indisponibilità del bene, il detrimento dato dal suo mancato godimento, cioè un
perdita reddituale che, essendo diversa dalla perdita della proprietà del
cespite postula un ristoro separato, vale anche per le occupazioni poste in
essere in esecuzione del programma straordinario di edilizia residenziale di cui
alla l. n. 219 del 1981, che non contiene previsioni incompatibili con i
principi generali stabiliti dagli artt 70-73 l. 2359 del 1865, prevedendo anzi
la corresponsione di tutte le indennità di cui alla l. 385 del 1980, e quindi
anche dell’indennità di occupazione, prevista dall’art. 2 di quest’ultima legge
(tra le più recenti v. le sentenze di queste sezioni unite nn. 110, 111 e 739
del 1999; 2641, 2645, 4821, 8596, 11354 del 1998).
4.4.
Per quanto riguarda i criteri di liquidazione dell’indennità di occupazione, è
noto, come ammette lo stesso ricorrente, che questa Corte ha costantemente
affermato che l’art. 5 bis della legge 359 del 1992 non si applica con
riguardo alle procedure ablative finalizzate alla realizzazione del programma
straordinario di cui alla l. 14 maggio 1981 n. 219, per l’edilizia del comune di
Napoli, atteso il carattere del tutto speciale della disciplina dettata da tale
legge, rispetto a quella prevista dalle l. n. 865 del 1971 e n. 247 del 1974,
nel contesto delle quali si collocano i suddetti novellati criteri di
valutazione (sentenze nn. 2497, 2645, 4821, 12700 del 1998, 6089/1994, 10998 e
11078/1993). Né la disposizione indicata potrebbe applicarsi alla sola
liquidazione dell’indennità di occupazione, perché, come è stato sopra
osservato, indennità di occupazione e indennità di esproprio hanno identità
morfologica e funzionale e la loro determinazione è inserita nell’ambito di uno
stesso procedimento.
4.5.
La censura con la quale si contesta l’applicazione
degli interessi sulla somma liquidata a titolo di indennità di occupazione è
infondata in quanto, proprio la natura di debito di valuta, riconosciuta dalla
stesso ricorrente, rende del tutto ammissibile la condanna accessoria al
pagamento degli interessi.
5.
Sono infondate, infine, anche le censure relative alla
liquidazione dell’indennità di espropriazione.
La circostanza che alcuni degli
immobili espropriati siano stati costruiti abusivamente, non incide, infatti,
sul diritto a detta indennità, perché l’art. 80, 6° comma, della legge n. 219
del 1981, per la determinazione dell’indennità di esproprio, rinvia al criterio
stabilità dell’art. 13 della legge n. 2892 del 1885, in base al quale uno dei
due elementi nella media in rapporto alla quale deve essere determinata tale
indennità è costituito dal valore venale dell’immobile. Ne consegue che, ove si
tratti di immobile costruito abusivamente, ed in relazione al quale sia stata
successivamente avanzata istanza di condono edilizio, ai fini della condizione
urbanistica dello stesso, necessaria per stabilirne il reale valore di mercato,
e, quindi, determinare l’indennità di espropriazione, il giudice deve solo
accertare l’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria (Cass. sez. un. N.
499/1999, 11354/98). Tale accertamento, con giudizio di fatto non contestato dal
ricorrente è stato compiuto dalla giunta per le espropriazioni e pertanto la
decisione non è censurabile sul punto.
Per quanto riguarda, infine, la
data alla quale deve essere riferita la valutazione dei beni espropriati è
principio pacifico che, poiché sussiste un indissolubile collegamento tra
l’indennità di espropriazione ed il momento del trasferimento della proprietà
del bene attraverso l’espropriazione per pubblica utilità, l’ammontare della
indennità di espropriazione ed il momento del trasferimento della proprietà del
bene attraverso l’espropriazione deve essere determinato con riferimento alla
data del provvedimento che dispone l’ablazione del diritto dominicale, cioè del
decreto di espropriazione, la cui esistenza costituisce presupposto
indefettibile del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’indennità
stessa. Tale principio è stato costantemente ribadito anche con riferimento alle
espropriazioni compiute secondo la legge 219 del 1981, essendo infondata la tesi
secondo la quale quella determinazione dovrebbe farsi con riferimento alle
caratteristiche ed al valore possedute dall’immobile espropriato al momento
della redazione della stima amministrativa e del deposito della stessa presso la
cassa depositi e prestiti (Cass., sez. un., n. 818 e 833/1999; 2644 e 2645/1998,
5804/1995, 6083/94).
In conclusione, la sentenza
impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla
giunta speciale per le espropriazioni presso la corte di appello di Napoli, in
diversa composizione.
Sussistono giusti motivi per
compensare le spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il motivo
relativo alla determinazione della base di calcolo dell’indennità di occupazione
e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla giunta speciale
per le espropriazioni presso la corte d’appello di Napoli, in diversa
composizione.
Compensa le spese di questo
giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera
di consiglio delle sezioni unite civili il 27 febbraio 2000.
Il Presidente f.to Panzarani
L’estensore f.to Salmè