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pubblicata su LexItalia.it - www.lexitalia.it - rivista di diritto pubblico - n. 10/2000  
rivista di diritto pubblico diretta dal Prof. Avv. G. Virga dell'Università di Palermo  

Commento di Alessandro Biamonte

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - Sentenza 12 ottobre 2000 n. 1094 (Pres. Panzarani, Est. Salmè) Consorzio Edina (Avv. Antonio Lamberti) c. Liguori ed altri (Avv. Franco Iadanza).

1. Espropriazione per p.u. - Indennità di occupazione e di espropriazione - Calcolo -  Indennità di occupazione - Deve essere liquidarsi in misura percentuale, sull’ammontare dell’indennità di espropriazione.

2. Espropriazione per p.u. - Indennità di occupazione e di espropriazione - Opposizione alla stima - Soggetto legittimato passivo - Opere affidate in concessione - Coincide con il concessionario.

3. Espropriazione per p.u. - Indennità di occupazione - Calcolo - Applicabilità dei principi generali  alle occupazioni poste in essere in esecuzione del programma straordinario di edilizia residenziale ex l. n. 219 del 1981.

4. Espropriazione per p.u. - Indennità di occupazione e di espropriazione - Disciplina ex art. 5 bis della legge 359/1992 - Non si applica alle procedure ablative di cui alla l. 14 maggio 1981 n. 219, per l’edilizia del comune di Napoli.

5. Espropriazione per p.u. - Indennità di occupazione e di espropriazione - Immobili abusivi - Presentazione domanda di condono edilizio - Spettanza.

6. Espropriazione per p.u. - Indennità di occupazione e di espropriazione - Determinazione - Con riferimento al momento di adozione del decreto di espropriazione - Necessità - Applicabilità del principio anche  alle espropriazioni compiute ex L. 219/1981.

7. Espropriazione per p.u. - Indennità di occupazione e di espropriazione - Espropriazioni per la realizzazione nella città di Napoli del programma straordinario di edilizia residenziale per le aree terremotate - Giurisdizione della Giunta Speciale Espropriazioni - Ex art. 80, 6° comma della legge n.  219 del 1981 - Sussiste.

1. In osseuio alla norma dell’art. 72, 4° comma, della legge 2359 del 1865, all’immobile espropriato deve essere attribuito il medesimo valore, sia ai fini della determinazione dell’indennità di occupazione sia per la liquidazione dell’indennità di espropriazione, in quanto il procedimento per l’occupazione preliminare costituisce mera fase subprocedimentale del più ampio procedimento espropriativo. Entrambe le indennità omogeneità morfologica e funzionale, infatti, mirano alla compensazione di un medesimo pregiudizio (1). Ne consegue che l’indennità di occupazione deve essere liquidata in misura percentuale (che ben può corrispondere al tasso di interesse legale) della somma capitale corrispondente all’indennità  in concreto spettante per l’espropriazione e non al valore venale del bene.

2. Ai sensi degli art. 80, 81, 84 della legge n. 219 del 1981, quando le opere sono state oggetto di concessione c.d. traslativa, con  attribuzione all’ente concessionario di poteri pubblicistici (ivi compresi quelli occorrenti per l’espletamento delle procedure ablatorie) il concessionario medesimo, nella spiegata qualità di soggetto attivo del rapporto espropriativo, è unico titolare di tutte le obbligazioni indennitarie riconducibili al rapporto. Quindi costituisce l'unico legittimato passivo nella controversia avente ad oggetto l’opposizione alla stima (2).

3. Il principio secondo cui ogni occupazione temporanea e d’urgenza ingenera un’obbligazione indennitaria diretta a compensare, per la durata dello stato di temporanea indisponibilità del bene, il detrimento dato dal suo mancato godimento, cioè un perdita reddituale che, essendo diversa dalla perdita della proprietà del cespite postula un ristoro separato, vale anche per le occupazioni poste in essere in esecuzione del programma straordinario di edilizia residenziale di cui alla l. n. 219 del 1981, che non contiene previsioni incompatibili con i principi generali stabiliti dagli artt 70-73 l. 2359 del 1865, prevedendo anzi la corresponsione di tutte le indennità di cui alla l. 385 del 1980, e quindi anche dell’indennità di occupazione, prevista dall’art. 2 di quest’ultima legge (3).

4. L’art. 5 bis della legge 359 del 1992 non trova applicazione alle procedure ablative finalizzate all'attuazione del programma straordinario di cui alla l. 14 maggio 1981 n. 219,  per l’edilizia del comune di Napoli,  atteso il carattere del tutto speciale della disciplina dettata da tale legge, rispetto a quella prevista dalle l. n. 865 del 1971 e n. 247 del 1974, nel contesto delle quali si collocano i suddetti novellati criteri di valutazione (4).

5. La circostanza che alcuni degli immobili espropriati siano stati costruiti abusivamente, non incide sul diritto alle indennità di occupazione e di espropriazione, perché l’art. 80, 6° comma, della legge n. 219 del 1981, per la determinazione dell’indennità di esproprio, rinvia al criterio stabilità dell’art. 13 della legge n. 2892 del 1885, in base al quale uno dei due elementi nella media in rapporto alla quale deve essere determinata tale indennità è costituito dal valore venale dell’immobile. Ne consegue che, ove si tratti di immobile costruito abusivamente, in relazione al quale sia stata successivamente avanzata istanza di condono edilizio, ai fini della condizione urbanistica dello stesso, necessaria per stabilirne il reale valore di mercato, e, quindi, determinare l’indennità di espropriazione, il giudice deve solo accertare l’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria (5).

6. Stante l'indissolubile collegamento tra l’indennità di espropriazione ed il momento del trasferimento della proprietà del bene attraverso l’espropriazione per pubblica utilità, l’ammontare della indennità di espropriazione ed il momento del trasferimento della proprietà del bene attraverso l’espropriazione devono essere determinarsi avuto riguardo alla data del provvedimento ablativo.  L'esistenza di quest'ultimo costituisce presupposto indefettibile del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’indennità stessa.

7. Nel caso di espropriazioni per la realizzazione a Napoli del programma straordinario di edilizia residenziale per le aree terremotate, l’art. 80, 6° comma della legge n. 219 del 1981, rinviando ai criteri di cui alla legge n. 2892 del 1885, introduce in materia una disciplina speciale sia sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo processuale, compresa l’attribuzione della competenza in ordine alla determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione della giunta (6).

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(1) Cfr. Cass. S.U., sentenza n. 493 del 1998, e, in senso conforme, sentenze nn. 11210 e 11354 dello stesso anno, che hanno composto il contrasto insorto nell’ambito della prima sezione; s.u. 109/99 e prima sezione nn. 333, 7200, 12353, 13492 del 1999; s.u. n. 299 del 2000.

(2) Cfr. Cass. S.U., sentenze nn. 388 e 299/2000, 10471999, 4821 e 2645/1998.

(3) Tra le più recenti v. Cass. S.U., sentenze nn. 110, 111 e 739 del 1999; 2641, 2645, 4821, 8596, 11354 del 1998.

(4) Cfr. Cass. S.U., sentenze nn. 2497, 2645, 4821, 12700 del 1998, 6089/1994, 10998 e 11078/1993.

(5) Cass. sez. un. n. 499/1999, 11354/98.

(6)  Cfr. Cass. S.U., sentenze nn. 157 e 110/99, 11078/93.

 

ALESSANDRO BIAMONTE
(Avvocato del foro di Napoli)

La sentenza in rassegna consolida degli orientamenti ormai pacifici nella giurisprudenza della Suprema Corte.

Il giudizio in questione concerne la rideterminazione delle indennità di espropriazione ed occupazione spettanti in relazione a procedure ablatorie eseguite in attuazione del programma edilizio di cui alla legge 14.5.1981 n. 219 (ricostruzione post-terremoto nell’area della città di Napoli). E’ interessante notare come, a distanza di vent’anni dal tragico sisma, vi siano questioni ancora aperte, che tardano a chiudersi.

Legata alle previsioni della Legge 219/81, anche in virtù dei richiami contenuti alla L. 2892/1885 (legge sul «risanamento di Napoli»), è l’attività della «Giunta Speciale per le Espropriazioni» presso la Corte di Appello di Napoli, che esercita il suo potere «giurisdizionale» avuto riguardo alla determinazione di tutte le indennità spettanti (espropriazione, occupazione, asservimento, etc.) in relazione all’attuazione del programma edilizio per la città di Napoli (si badi: la giurisdizione interessa il solo perimetro urbano della città, escludendo anche l’ampia area metropolitana partenopea, notoriamente caratterizzata da un intenso fenomeno di conurbazione con il capoluogo).

Anche se non è questa la sede idonea, non può omettersi di considerare come l’organo in questione possa essere ricompreso tra quelle giurisdizioni speciali destinate ad essere sottoposte a revisione, in applicazione della VI disposizione transitoria della Costituzione.

E in tal senso, l’argomento risulterebbe ancora più accattivante se si considerassero tutte le implicazioni connesse alle previsioni del D.Lgs. 80/98 in tema di riparto della giurisdizione (si pensi solo all’annosa questione concernente i rapporti tra G.O. e G.A.: una questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del D.Lgs. 80/98 - sollevata dalle stesse SS.UU. con ord.za 25.5.2000 n. 43 -, questione parzialmente risolta - per il futuro - dalla entrata in vigore della L. 205/2000, è tuttora pendente innanzi alla Corte Costituzionale). La determinazione della giurisdizione competente a decidere controversie in materia di «comportamenti materiali» della P.A. in procedure espropriative finalizzate alla gestione del territorio non è per niente scontata, e, talvolta, vi sono delle aree indefinite, in cui le due giurisdizioni (ordinaria e amministrativa) sembrano sovrapporsi, senza dei confini precisi.

Sicuramente la sfera giurisdizionale attribuita alla Giunta Speciale presso la Corte di Appello di Napoli rientra in questo ambito. Non a caso il suo potere, nell’ambito delle speciali (e limitate) materie, si estende anche ad ipotesi in cui non venga in rilievo la semplice opposizione alla stima. Il problema della natura della Giunta Speciale è poi un ulteriore argomento che sarebbe in grado di impegnare l’estensore a piacimento.

Basti solo ricordare che lo stesso Sandulli (Id., Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 1989, p. 1534), nell’accomunare la G.S.E. al Collegio speciale presso la Corte di Appello di Roma (d.l. 6.7.1931 n. 981, d.l. 29.3.1966 n. 128, l. 26.5.1966 n. 311) nonché alle Commissioni prov.li per le requisizioni di quadrupedi, veicoli e natanti (art. 27 t.u. 31.1.1926 n. 452) afferma che, quantunque tali giurisdizioni vengano qualificate dal legislatore come collegi arbitrali, «non si tratta di arbitri». Infatti «è evidente che, in quanto sono organi predeterminati dalla legge, non si tratta di arbitrati volontari; ma nemmeno si tratta di arbitrati necessari, dato che questi ultimi, se hanno in comune con le giurisdizioni speciali il carattere della necessità, se ne differenziano pel fatto che i loro componenti vengono scelti dalle stesse parti della controversia - cosa che non accade nel caso in esame [n.d.r. la Giunta Speciale è di diritto presieduta dal primo Presidente della Corte di Appello di Napoli, coadiuvato da due tecnici; l’atto introduttivo è rappresentato da una citazione a data fissa]».

Contro le sentenze della G.S.E. è ammesso ricorso per cassazione, sia pure per gli specifici vizi previsti dal d.l. lgt. n. 19/1919, cioè violazione di legge, eccesso di potere (giurisdizionale) e incompetenza, restando esclusa ogni altra doglianza, ivi compresi i tradizionali vizi di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., salvo che questi si traducano, come ricorda la stessa sentenza oggi esaminata, in «mancanza di motivazione, il che si verifica nei casi di assoluta carenza o di inidoneità dell’esposizione ad evidenziare le ragioni della decisione». Conseguentemente, la mancata censura concernente un vizio motivazionale inquadrabile tra quelli deducibili (previsti dal d.l.lgt. in parola) rende inammissibile qualsiasi altro tipo di prospettazione del vizio.

Ritornando alla sentenza in oggetto, viene ormai confermato l’orientamento (iniziato con la sent. n. 493/1998, dopo alterne pronunce) in materia di calcolo dell’indennità di occupazione. Essendo il procedimento di occupazione divenuto mera fase sub-procedimentale del più ampio procedimento espropriativo, e, avendo entrambe le indennità (espropriativa e di occupazione) omogeneità «morfologica e funzionale», l’indennità di occupazione andrà commisurata ad una quota percentuale dell’indennità di espropriazione, e non più calcolata sul valore venale pieno dell’immobile.

Quanto alla spettanza dell’indennità di occupazione è sufficiente rilevare che ogni occupazione temporanea e di urgenza «ingenera un’obbligazione indennitaria diretta a compensare, per tutta la durata dello stato di temporanea indisponibilità del bene, il detrimento dato dal suo mancato godimento», che postula un separato ristoro. Situazione che vale anche per le occupazioni poste in essere alla luce del programma previsto dal titolo VIII della legge 219/81. Ciò senza considerare che la speciale disciplina prevede la corresponsione di tutte le indennità previste dalla L. 385/1980; legge che, all’art. 2, contempla l’indennità di occupazione.

E’ poi confermato il carattere di specialità della disciplina introdotta dalla L. 219/81 sia sotto il profilo processuale, sia sotto quello sostanziale. Anche per questo motivo non è invocabile la norma dell’art. 5 bis della L. 359/92 (anche se è solo il caso di ricordare che il metodo di calcolo dell’indennità di espropriazione è mutuato proprio dalla L. 2892/1885, ossia la ben nota legge sul «risanamento» della città di Napoli, direttamente richiamata dall’art. 80 L. 219/81).

A conferma dell’altrettanto consolidata giurisprudenza (sentt. 388 e 299/2000, 104/1999, 4821 e 2645/1998) si afferma, inoltre, che, quando le opere - come nel caso di specie - sono state oggetto di concessione traslativa (con attribuzione al concessionario di poteri pubblicistici, tra i quali quelli necessari all’attuazione delle procedure ablatorie), il concessionario, soggetto attivo del rapporto espropriativo, diviene unico titolare, sul piano passivo, di tutte le obbligazioni indennitarie connesse, e, pertanto, unico legittimato.

In ultimo, la Cassazione afferma che la circostanza che alcuni degli immobili espropriati siano stati costruiti abusivamente non incide sul diritto a tale indennità. Infatti, l’art. 80, co. 6, della legge 219/1981, per la determinazione dell’indennità di esproprio, rinvia al criterio stabilito dall’art. 13 L. 2892 del 1885, in base al quale uno dei due elementi è costituito dal valore venale dell’immobile. Ove si tratti di manufatto abusivo per il quale sia stata avanzata istanza di condono, il giudice deve solo accertare l’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria (condizione che consente la determinazione della condizione urbanistica dell’immobile necessaria per stabilirne il valore di mercato).

Per ciò che riguarda la data cui riferire la valutazione dei beni espropriati, è riconosciuta validità al consolidato principio per cui, in virtù dell’indissolubile collegamento tra indennità di espropriazione e momento del trasferimento delle proprietà del bene attraverso l’espropriazione per p.u., l’ammontare dell’indennità deve essere determinato con riferimento alla data del provvedimento che dispone l’ablazione del diritto (A.B., 08.11.2000).

 

 

Segue il testo della sentenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

composta dagli Ill.mi Sigg. magistrati

Dott. Romano PANZARANI - Primo presidente f.f. -

" Vincenzo BALDASSARRE - Presidente di sezione -

" Francesco AMIRANTE - Presidente di sezione -

" Ernesto LUPO - Consigliere -

" Roberto PREDEN "

" Fabrizio MIANI CARNEVARI "

" Ugo VITRONE "

" Federico ROSELLI "

" Giuseppe SALME’ rel. "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

CONSORZIO EDINA, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamemte domiciliato in Roma, viale Parioli 67, presso l’Avv. Antonio Lamberti che la rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso - ricorrente -

contro

LIGUORI ANTONIO, nonché, LIGUORI LUIGI, LIGUORI VINCENZO, LIGUORI ROSARIO, LIGUORI MASSIMO, NOLANO ANGELA, nella qualità di eredi di LIGUORI SALVATORE, domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dagli avvocati Franco Iadanza e Ennio Imperatore per procura speciale a margine del controricorso,

- controricorrenti-

nonché

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - C.I.P.E., in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, elettivamente domiciliato in Roma, via dei portoghesi 12, presso l’avvocatura generale dello Stato che li rappresenta e difende per legge,

- controricorrente-

avverso la sentenza della giunta speciale per le espropriazioni presso la corte di appello di Napoli del 26 settembre 1997.

Sentita la relazione della causa svolta dal cons. Giuseppe Salmè alla pubblica udienza del 17. Febbraio 2000;

sentito l’avv. Abbamonte, per delega, per il ricorrente;

sentito il p.m., in persona del sost. Proc. Gen. Dott. Domenico Iannelli che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, per quanto di ragione.

Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 20 gennaio 1989 Antonio e Salvatore Liguori hanno convenuto in giudizio davanti alla giunta speciale per le espropriazioni presso la corte di appello di Napoli il funzionario delegato del CIPE e il consorzio EDINA, chiedendo che fossero determinate le giuste indennità conseguenti all’espropriazione, ai sensi dell’art. 8 0 della legge n. 219/81, di alcuni immobili, dei quali erano comproprietari insieme con Gennaro, Mario e Anna Liguori. Tali immobili erano stati occupati l’11 giugno 1981 ed espropriati con decreto del 9 luglio 1990, dopo che, con ordinanza sindacale del 24 aprile 1986, era stata determinata l’indennità di espropriazione.

Il consorzio ha eccepito il difetto di giurisdizione e, in via subordinata, l’incompetenza della giunta, il difetto di legittimazione attiva e il proprio difetto di legittimazione passiva, nonché l’inammissibilità e l’infondatezza delle proprie domande. Anche la presidenza del consiglio dei ministri ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva.

Con sentenza del 26 settembre 1997 la giunta ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva della presidenza del consiglio dei ministri, osservando che gli articoli 80, 81, e 84 della n. 219 del 1981 demandano al concessionario il compimento in nome proprio di tutte le operazioni materiali, tecniche e giuridiche occorrenti per la realizzazione del programma edilizio, ancorché comportanti l’esercizio di poteri di carattere pubblicistico, come l’espletamento delle procedure di espropriazione, l’offerta, il pagamento e il deposito delle indennità. Pertanto il consorzio, nella qualità di concessionario, era l’unico legittimato di fronte alle domande degli espropriati. E’ stata poi determinata l’indennità di espropriazione in £ 299.625.627, operando la media aritmetica tra il valore di mercato dei beni alla data del decreto di esproprio, pari a £ 583.812.750 (comprensiva del valore dei beni per i quali era stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria ai sensi della legge n. 47 del 1985) con il coacervo decennale delle rendite catastali. Quanto all’indennità di occupazione legittima, respinta la tesi secondo la quale nessuna indennità sarebbe dovuta per le espropriazioni di cui si tratta, la giunta per le espropriazioni l’ha liquidata nella misura del saggio degli interessi legali per anno sul valore pieno degli immobili espropriati, dalla data dell’occupazione a quella dell’esproprio, con gli ulteriori interessi legali sulla somma così liquidata, dalla data del decreto di esproprio al soddisfo.

Avverso la sentenza della giunta per le espropriazioni il consorzio Edina ha proposto ricorso per cassazione sulla base di undici motivi. Resistono con controricorso la presidenza del consiglio dei ministri - CIPE, Antonio Liguori e gli eredi di Salvatore Liguori.

Motivi della decisione

1 I ricorrenti deducono la violazione dell’art. 5 bis della legge n. 359 del 1981, in relazione all’art. 80 della legge n. 219 del 1981 e agli articoli 12 e 13 della legge 2892 del 1885; eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria, omessa valutazione di circostanze di rilievo risolutivo, difetto assoluto di motivazione e motivazione insufficiente, perplessa e contraddittoria, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.

Le censure, esposte peraltro in modo non perspicuo, mediante riproposizione di censure di identico contenuto proposte davanti alla giunta, possono essere riassunte, nell’ordine attribuito dal ricorrente, nel modo che segue.

Relativamente alla determinazione dell’indennità di occupazione legittima:

nel determinare l’indennità di occupazione dovrebbe tenersi conto dello jus superveniens introdotto con l’art. 5 bis della legge n. 359 del 1981 [rectius: 1992], anche se la norma non fosse applicabile alla determinazione dell’indennità di espropriazione dei beni necessari per gli interventi edilizi conseguenti al terremoto, da effettuarsi nella città di Napoli;

la giunta per le espropriazioni non avrebbe giurisdizione sulla domanda diretta ad ottenerer l’indennità di occupazione, perché l’art. 80, 6° comma della legge n. 219 del 1981, che potrebbe costituire il fondamento normativo del potere della giunta, riguarderebbe solo l’indennità di espropriazione e perché, comunque, non sarebbe applicabile la disciplina dell’opposizione alla stima, in mancanza di offerta dell’indennità di cui si tratta;

il consorzio non sarebbe passivamente legittimato per essere rimasto estraneo all’occupazione delle aree interessate, disposta dal sindaco di Napoli, quale commissario di Governo, molto tempo prima dell’affidamento delle opere in concessione e, anche ne caso di liquidazione dell’indennità di occupazione, l’attività del consorzio sarebbe del tutto vincolata e consisterebbe nella semplice anticipazione di un’indennità che dovrà essere rimborsata dall’autorità concedente;

i privati non avrebbero diritto all’indennità di occupazione, per non aver fornito la prova della data in cui hanno effettivamente perso il godimento dei beni, data che non coincide con quella ella redazione dei verbali di consistenza;

l’art. 80, 7° comma della legge n. 219 del 1981 prevede che i proprietari possano accettare indennità di occupazione e di espropriazione, determinate ai sensi della legge n. 385 del 1980, godendo della maggiorazione del settanta per cento, ovvero che possano fare opposizione alla stima, ma in tal caso, anche alla stregua dell’ordinanza commissariale n. 45 del 1981, potrebbero avere solo l’indennità di espropriazione;

comunque, l’indennità di occupazione, nel caso in cui per la determinazione sia utilizzato il metodo degli interessi legali, dovrebbe essere ragguagliata all’indennità di espropriazione in concreto liquidata o liquidabile e non al valore pieno del bene espropriato;

peraltro, il criterio degli interessi legali non sarebbe l’unico criterio in base al quale si deve liquidare l’indennità di occupazione;

sull’indennità di occupazione non dovrebbero essere liquidati ulteriori interessi legali e rivalutazione monetaria.

Quanto alla determinazione dell’indennità di espropriazione, il ricorrente deduce che:

gran parte dei beni espropriati non sarebbe indennizzabile perché abusiva;

gli attori non avrebbero fornito la prova della propria legittimazione e delle quote di proprietà a ciascuno spettante;

il valore dei beni andrebbe determinato con riferimento alla data del deposito dell’indennità presso la Cassa depositi e prestiti, e non a quella del decreto di esproprio.

2) Il ricorso è fondato solo nella parte in cui censura la sentenza della giunta per le espropriazioni con riferimento alla determinazione dell’indennità di occupazione, liquidata nella misura degli interessi legali sulla somma corrispondente al valore venale pieno dei beni espropriati. Infatti è orientamento ormai costante, dopo l’intervento di queste sezioni unite (sentenza n. 493 del 1998, e, in senso conforme, sentenze nn. 11210 e 11354 dello stesso anno; s.u. 109/99 e prima sezione nn. 333, 7200, 12353, 13492 del 1999; s.u. n. 299 del 2000), che hanno composto il contrasto insorto nell’ambito della prima sezione - che ai sensi dell’art. 72, 4° comma della legge 2359 del 1865, all’immobile soggetto ad espropriazione deve essere attribuito il medesimo valore, sia ai fini della determinazione dell’indennità di occupazione che per la liquidazione dell’indennità di espropriazione, essendo il procedimento per l’occupazione preliminare divenuto - da autonomo e meramente collegato - mera fase subprocedimentale del più ampio procedimento espropriativo e avendo entrambe le indennità omogeneità morfologica e funzionale, in quanto compensazione di un medesimo pregiudizio. Pertanto l’indennità di occupazione deve essere liquidata in misura percentuale (che ben può corrispondere al tasso di interesse legale) della somma capitale corrispondente all’indennità che, in concreto, sarebbe dovuta per l’espropriazione e non al valore venale del bene.

La sentenza della giunta per le espropriazioni deve, quindi, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla stessa giunta, in diversa composizione, che si atterrà al principio ora indicato.

Gli altri motivi di ricorso sono, in parte, inammissibili e in parte infondati.

Sono inammissibili le censure di cui alle lettere Ad) e Bd) perché dirette a contestare un giudizio di fatto della giunta per le espropriazioni, al di là dei limiti in cui, in questa sede, è censurabile la motivazione della sentenza impugnata.

E’ noto, infatti, che il ricorso alle sezioni unite avverso le decisioni della giunta speciale per le espropriazioni presso la corte di appello di Napoli è ammesso per incompetenza, eccesso di potere (giurisdizionale) e violazione di legge, restandone escluse le doglianze relative a valutazioni tecniche o ai presupposti di fatto su cui esse si fondano, o comunque a vizi di motivazione, salvo che tali vizi si traducano in mancanza di motivazione, il che si verifica nei casi di assoluta carenza o di inidoneità dell’esposizione ad evidenziare le ragioni della decisione.

La mancanza di prova del fondamento delle domande accolte dalla giunta, senza l’indicazione di uno specifico vizio motivazionale inquadrabile tra quelli deducibili, non può, pertanto, costituire oggetto di motivo di ricorso suscettibile di essere esaminato.

Il motivo di cui alla lettera Ag) è poi inammissibile perché, fermo il rilievo pacifico che il metodo della liquidazione degli interessi sulla somma capitale liquidata a titolo di indennità di espropriazione non è il solo metodo di determinazione dell’indennità di occupazione, il ricorrente non indica alcuna ragione in base alla quale, nella specie, la scelta di questo sistema sarebbe stata errata.

E’ inammissibile, infine, il motivo di cui alla lettera Ah), nella parte in cui contesta l’applicazione della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di indennità di occupazione, perché la sentenza impugnata si è limitata a disporre che su detta somma il consorzio dovrà corrispondere gli interessi dalla data del decreto di esproprio al soddisfo, senza procedere ad alcuna rivalutazione.

4) Sono infondate le censure riguardanti la determinazione dell’indennità di occupazioni diverse da quella accolta.

4.1. In ordine logico deve essere, innanzi tutto, esaminata la questione di giurisdizione. La tesi del ricorrente, secondo il quale la giunta sarebbe priva di giurisdizione sulla domanda di indennità di occupazione è infondata, perché, come è stato già più volte affermato (sentenze di queste sezioni unite nn. 157 e 110/99, 11078/93), nel caso di espropriazioni per la realizzazione a Napoli del programma straordinario di edilizia residenziale per le aree terremotate, l’art. 80, 6° comma della legge n. 219 del 1981, rinviando ai criteri di cui alla legge n. 2892 del 1885, introduce in materia una disciplina speciale sia sotto il profilo sostanziale che sotto il profilo processuale, compresa l’attribuzione della competenza in ordine alla determinazione dell’indennità di espropriazione e di occupazione della giunta.

4.2. Del pari è costante orientamento di queste sezioni unite (sentenze nn. 388 e 299/2000, 10471999, 4821 e 2645/1998) che, ai sensi degli art. 80, 81, 84 della legge n. 219 del 1981, quando le opere sono state oggetto di concessione c.d. traslativa, con conseguente attribuzione all’ente concessionario di poteri pubblicistici, ivi compresi quelli occorrenti per l’espletamento delle procedure ablatorie, il concessionario medesimo, quale soggetto attivo del rapporto espropriativo, diviene altresì unico titolare del lato passivo di tutte le obbligazioni indennitarie che a quel rapporto si collegano e quindi unico legittimato passivo nella controversia avente ad oggetto l’opposizione alla stima.

Tale orientamento non è superato dai rilievi del ricorrente, sia perché la circostanza che l’occupazione sia iniziata prima della consegna delle aree, non toglie che il concessionario ne fosse a perfetta conoscenza al momento della sottoscrizione del disciplinare con il quale si è assunto l’obbligo di pagare le indennità spettanti ai privati, sia perché l’esclusione di qualsiasi potere discrezionale nella determinazione dell’indennità di cui si discute, che deve avvenire secondo i criteri fissati dalla legge, non è vicenda particolare che attenga al peculiare procedimento espropriativo disciplinato dalla legge n. 219 del 1981, ma è caratteristica comune a tutte le espropriazioni e non giustifica quindi alcuna deroga agli ordinari principi in base ai quali, in caso di concessione traslativa di costruzione di opera pubblica, la legittimazione passiva rispetto alle domande degli espropriati, dirette ad ottenere il pagamento delle indennità di espropriazione e di occupazione legittima, spetta esclusivamente al concessionario.

4.3. In ordine all’indennità di occupazione, è stato già rilevato che il principio secondo cui ogni occupazione temporanea e d’urgenza, imposta dall’esigenza di una più celere esecuzione dell’opera dichiarata di pubblica utilità rispetto ai termini occorrenti per le procedure espropriative, ingenera un’obbligazione indennitaria diretta a compensare, per tutta la durata dello stato di temporanea indisponibilità del bene, il detrimento dato dal suo mancato godimento, cioè un perdita reddituale che, essendo diversa dalla perdita della proprietà del cespite postula un ristoro separato, vale anche per le occupazioni poste in essere in esecuzione del programma straordinario di edilizia residenziale di cui alla l. n. 219 del 1981, che non contiene previsioni incompatibili con i principi generali stabiliti dagli artt 70-73 l. 2359 del 1865, prevedendo anzi la corresponsione di tutte le indennità di cui alla l. 385 del 1980, e quindi anche dell’indennità di occupazione, prevista dall’art. 2 di quest’ultima legge (tra le più recenti v. le sentenze di queste sezioni unite nn. 110, 111 e 739 del 1999; 2641, 2645, 4821, 8596, 11354 del 1998).

4.4. Per quanto riguarda i criteri di liquidazione dell’indennità di occupazione, è noto, come ammette lo stesso ricorrente, che questa Corte ha costantemente affermato che l’art. 5 bis della legge 359 del 1992 non si applica con riguardo alle procedure ablative finalizzate alla realizzazione del programma straordinario di cui alla l. 14 maggio 1981 n. 219, per l’edilizia del comune di Napoli, atteso il carattere del tutto speciale della disciplina dettata da tale legge, rispetto a quella prevista dalle l. n. 865 del 1971 e n. 247 del 1974, nel contesto delle quali si collocano i suddetti novellati criteri di valutazione (sentenze nn. 2497, 2645, 4821, 12700 del 1998, 6089/1994, 10998 e 11078/1993). Né la disposizione indicata potrebbe applicarsi alla sola liquidazione dell’indennità di occupazione, perché, come è stato sopra osservato, indennità di occupazione e indennità di esproprio hanno identità morfologica e funzionale e la loro determinazione è inserita nell’ambito di uno stesso procedimento.

4.5. La censura con la quale si contesta l’applicazione degli interessi sulla somma liquidata a titolo di indennità di occupazione è infondata in quanto, proprio la natura di debito di valuta, riconosciuta dalla stesso ricorrente, rende del tutto ammissibile la condanna accessoria al pagamento degli interessi.

5. Sono infondate, infine, anche le censure relative alla liquidazione dell’indennità di espropriazione.

La circostanza che alcuni degli immobili espropriati siano stati costruiti abusivamente, non incide, infatti, sul diritto a detta indennità, perché l’art. 80, 6° comma, della legge n. 219 del 1981, per la determinazione dell’indennità di esproprio, rinvia al criterio stabilità dell’art. 13 della legge n. 2892 del 1885, in base al quale uno dei due elementi nella media in rapporto alla quale deve essere determinata tale indennità è costituito dal valore venale dell’immobile. Ne consegue che, ove si tratti di immobile costruito abusivamente, ed in relazione al quale sia stata successivamente avanzata istanza di condono edilizio, ai fini della condizione urbanistica dello stesso, necessaria per stabilirne il reale valore di mercato, e, quindi, determinare l’indennità di espropriazione, il giudice deve solo accertare l’avvenuto rilascio della concessione in sanatoria (Cass. sez. un. N. 499/1999, 11354/98). Tale accertamento, con giudizio di fatto non contestato dal ricorrente è stato compiuto dalla giunta per le espropriazioni e pertanto la decisione non è censurabile sul punto.

Per quanto riguarda, infine, la data alla quale deve essere riferita la valutazione dei beni espropriati è principio pacifico che, poiché sussiste un indissolubile collegamento tra l’indennità di espropriazione ed il momento del trasferimento della proprietà del bene attraverso l’espropriazione per pubblica utilità, l’ammontare della indennità di espropriazione ed il momento del trasferimento della proprietà del bene attraverso l’espropriazione deve essere determinato con riferimento alla data del provvedimento che dispone l’ablazione del diritto dominicale, cioè del decreto di espropriazione, la cui esistenza costituisce presupposto indefettibile del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’indennità stessa. Tale principio è stato costantemente ribadito anche con riferimento alle espropriazioni compiute secondo la legge 219 del 1981, essendo infondata la tesi secondo la quale quella determinazione dovrebbe farsi con riferimento alle caratteristiche ed al valore possedute dall’immobile espropriato al momento della redazione della stima amministrativa e del deposito della stessa presso la cassa depositi e prestiti (Cass., sez. un., n. 818 e 833/1999; 2644 e 2645/1998, 5804/1995, 6083/94).

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla giunta speciale per le espropriazioni presso la corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il motivo relativo alla determinazione della base di calcolo dell’indennità di occupazione e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla giunta speciale per le espropriazioni presso la corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.

Compensa le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle sezioni unite civili il 27 febbraio 2000.

Il Presidente f.to Panzarani

L’estensore f.to Salmè

 

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