Appare di significativo
interesse passare in rassegna la decisione del T.A.R. Campania, al fine di
analizzare gli elementi legittimanti la condanna della P.A. al risarcimento del
danno.
L’evoluzione
giurisprudenziale, come è noto, dopo avere risolto in modo pressocché univoco il
problema della pregiudizialità amministrativa, va atteggiandosi su posizioni che
affidano rilievo sempre più crescente ad una attenta valutazione della gravità
della violazione commessa dall’Amministrazione e censurata (in sede
pregiudiziale) giurisdizionalmente (presupposto per l’azione risarcitoria). Ciò
sulla scia della giurisprudenza comunitaria (v. Corte Giustizia C.E., 5 marzo
1996, cause riun. nn.46 e 48 del 1993; 23 maggio 1996, causa C5 del 1994) che
assegna valenza pressoché decisiva alla gravità della violazione, indicando in
aggiunta, quale parametro valutativo, il grado di chiarezza e precisione della
norma violata; la presenza di una giurisprudenza consolidata sulla questione
esaminata e definita dall’amministrazione; il carattere di novità di quest’ultima.
Una tale impostazione,
portata agli estremi, finirebbe con l’introdurre una vera e propria esimente
all’errore di diritto dai contorni indistinti, con il rischio di svilire la
piena tutela del privato nei confronti delle illegittimità commesse dalla P.A.
(fonte di danno ingiusto) e riatteggiarsi su quelle posizioni definite
«monolitiche» o «pietrificate» dalle Sezioni Unite nella sentenza 500/99, che
ormai avrebbero dovuto ritenersi definitivamente scardinate. Il rischio ancora
più grave: ingenerare nell’Amministrazione – apparato un senso di soffusa
onnipotenza.
Pertanto, anche di
recente (Cons.
Stato, Sez.
IV, sent. 10
agosto 2004, n. 5500) è stato affermato che occorre fare riferimento ad una
concezione oggettiva della colpa, basata sull’apprezzamento dei vizi che
inficiano il provvedimento, tenendo inoltre conto della gravità della violazione
commessa dall’amministrazione, dell’ampiezza delle valutazioni discrezionali
rimesse alle scelte dell’organo e dell’apporto dei privati in sede
procedimentale.
Nel caso esaminato, il
diritto invocato dal privato discendeva da un interesse oppositivo in relazione
alla revoca di una aggiudicazione.
La società ricorrente
era risultata aggiudicataria di una procedura di affidamento di lavori.
L’amministrazione, a distanza di due mesi dal verbale di aggiudicazione, aveva
provveduto a riammettere una concorrente che, all’indomani dell’aggiudicazione,
aveva ritirato la cauzione e l’intero plico e, pertanto, era stata esclusa. La
riammissione postuma aveva determinato una alterazione della media delle
offerte, con conseguente rideterminazione della stessa e revoca
dell’aggiudicazione originaria. Il giudizio, protrattosi per due gradi di
giudizio, si era concluso con una decisione del Consiglio di Stato che aveva
definitivamente affermato il buon diritto dell’originaria aggiudicataria e
l’illegittimità della riammissione della ditta esclusa. Di qui l’azione per il
risarcimento del danno proposta autonomamente ai sensi dell’art. 35 D.L.vo
80/98.
Pronunciandosi sulla
domanda risarcitoria e sul requisito di colpa, il T.A.R. Campania ritiene che
l’illegittimità commessa dall’Amministrazione «appare di considerevole gravità».
Infatti, «riammettere alla gara un’impresa che aveva ritirato la cauzione e la
documentazione, e che pertanto era ormai priva dei requisiti di legittimazione,
costituisce indubbiamente una palese violazione delle regole basilari delle
procedure concorsuali».
Ed ancora, sulla
sussistenza di un danno effettivo: La perdita dell’aggiudicazione, e della
conseguente possibilità di eseguire i lavori, comporta un indubbio danno per
l’impresa, tanto più che la ricorrente era stata dichiarata aggiudicataria
provvisoria, sicché, senza l’illegittimità compiuta, essa avrebbe senz’altro
eseguito i lavori.
In tal caso, quindi,
appaiono superati gli «scogli» imposti dalla più recente Giurisprudenza (v. da
ultimo Cons. St. cit.; nonché
Cassazione, Sez. I Civile -
*
- sull’impossibilità di condannare la P.A. al risarcimento del danno per
illegittimo diniego di concessione edilizia annullato per difetto di motivazione
nel caso in cui non sussista il requisito della colpa; Cons. Stato, Sez. v -
sentenza 17 luglio 2004*;
Cons. Stato, Sez. IV -
sentenza 6 luglio 2004*
- sulla possibilità di fare riferimento ad elementi indiziari per la
dimostrazione del presupposto della colpa e per l’errore scusabile rilevante ai
fini del risarcimento del danno derivante da atti illegittimi ed al criterio
forfettario del 10% dell’importo a b.a. per la determinazione del lucro
cessante, che va tuttavia ridotto nel caso di impossibilità di dimostrazione
che, in mancanza dell’adozione del provvedimento illegittimo, il ricorrente
sarebbe risultato aggiudicatario).
L’onere di
dimostrazione dell’esistenza di un pregiudizio patrimoniale, la sua
riconducibilità eziologica all’adozione del provvedimento illegittimo e la sua
misura (allegazione analitica del individuati nella mancata (sicura) esecuzione
dei lavori.
Quanto alla
determinazione quantitativa del danno, il Tribunale si affida ai principi ormai
consolidati e mutuati dall’art. 348 L. 2240/1865 all. F, muovendo dall’importo a
base d’asta ribassato nella percentuale dell’offerta formulata sulla somma così
ricavata potranno essere apportate ulteriori riduzioni, se giustificate dal
tenore dell’offerta formulata dalla ricorrente nella procedura di gara sulla
somma così ricavata, sia pure lasciando spazio ad eventuali ulteriori riduzioni,
se giustificate dal tenore dell’offerta formulata dalla ricorrente nella
procedura di gara.
Ritenuto in fatto
Con ricorso iscritto al n. 1760 dell’anno 2002, la parte ricorrente chiedeva
l’accertamento del diritto indicato in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze,
premetteva:
- che con delibera n.
46 del 30/01/97 il Comune di Quarto approvava il progetto relativo ai lavori di
manutenzione degli immobili del Rione 219 del detto Comune e che essa ricorrente
risultava aggiudicataria di tali lavori; che altra concorrente esclusa, la ALI
DEL, volontariamente ritirava la propria cauzione e la documentazione
presentata; che con deliber di G.M. n. 355/97 il Comune non approvava
l’aggiudicazione provvisoria dell’appalto alla ricorrente ed inspiegabilmente
riammetteva alla gara la ALI DEL, che era ormai priva dei requisiti di
legittimazione; che la Commissione, dopo oltre due mesi, riapriva il verbale di
gara inserendo tra le offerte anche quella della ALI DEL (contravvenendo al
principio della par condicio) e che ciò alterava la media delle offerte
comportando l’esclusione della ricorrente dall’aggiudicazione provvisoria. La
ricorrente pertanto proponeva ricorso al TAR Campania, con richiesta di
sospensione dell’atto impugnato, ma il TAR respingeva il ricorso con sentenza
breve n. 1839/97; la ricorrente proponeva appello al Consiglio di Stato, e
l’appello veniva accolto con la sentenza citata in epigrafe.
Instava quindi per l’accertamenteo
del diritto al risarcimento dei danni con conseguente condanna
dell’Amministrazione e con vittoria di spese processuali.
Si costituiva
l’Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata,
rigettare il ricorso.
All’udienza del
27/10/2004, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
Sussistono infatti
tutti i requisiti necessari per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento
dei danni: in primo luogo, sussiste la lesione antigiuridica di un interesse
legittimo della ricorrente, atteso che, come si evince dalla documentazione in
atti, la società ricorrente stessa si era aggiudicata i lavori di manutenzione
degli immobili del Rione 219 del Comune di Quarto e successivamente ha perso
tale aggiudicazione a causa dell’operato dell’Amministrazione, che ha riammesso
alla gara un’impresa precedentemente esclusa, alterando così la media delle
offerte.
Il comportamento
dell’Amministrazione è indubbiamente illegittimo, atteso che, come osservato dal
Consiglio di Stato, è stata riammessa alla gara un’impresa che aveva ritirato la
cauzione e la documentazione, e che pertanto era ormai priva dei requisiti di
legittimazione.
Sussiste, ancora, il
requisito della colpa dell’Amministrazione. Infatti, l’illegittimità commessa
dall’Amministrazione appare di considerevole gravità: riammettere alla gara
un’impresa che aveva ritirato la cauzione e la documentazione, e che pertanto
era ormai priva dei requisiti di legittimazione, costituisce indubbiamente una
palese violazione delle regole basilari delle procedure concorsuali. Il Comune,
pertanto, non può invocare l’oscurità delle disposizioni legislative, o
orientamenti giurisprudenziali contrastanti; in particolare, l’Amministrazione
non può invocare a propria scusante la circostanza che il TAR Campania abbia, in
primo grado, rigettato il ricorso. Tale rigetto appare infatti dovuto non
all’incertezza o all’oscurità delle disposizioni legislative da applicare, ma al
fatto che il giudice di primo grado ha omesso di esaminare la censura sorpra
indicata, ritenuta fondata dal Consiglio di Stato.
E’ opportuno
evidenziare che la società ricorrente ha prontamente proposto ricorso, chiedendo
anche la sospensione del provvedimento impugnato, sicché nessuna negligenza può
esserle rimproverata; in particolare, quand’anche si ritenesse oenere del
creditore la proposizione di azioni giurisdizionali per evitare il verificarsi o
l’aggravarsi del danno, non può sostenersi l’applicabilità dell’art. 1227 c.c.
al caso di specie. Giova precisare che la ricorrente ha ottenuto l’annullamento
dell’atto pregiudizievole, sicché può dirsi soddisfatta la cd. pregiudiziale
amministrativa.
Infine, non può
dubitarsi della sussistenza di un danno effettivo. La perdita
dell’aggiudicazione, e della conseguente possibilità di eseguire i lavori,
comporta indubbiamente un danno per l’impresa, tanto più che la ricorrente era
stata dichiarata aggiudicataria provvisoria, sicché, senza l’illegittimità
compiuta, essa avrebbe senz’altro eseguito i lavori.
Quanto alla
liquidazione del danno, questa Sezione ritiente di poter ricorrere alla
disposizione di cui all’art. 35 c. 1 D.L.vo n. 80/98. Pertanto, il Comune di
Quarto dovrà proporre alla ricorrente, entro un termine che si stima congruo
fissare in giorni sessanta, il pagamento di una somma di denaro in base ai
seguenti criteri: il valore dell’appalto dovrà essere detratto del 33% (misura
del ribasso offerto dalla ricorrente); su tale somma dovrà essere calcolato il
10%, misura del risarcimento ex art. 345 l. n. 2248 all. F del 1865; tale
percentuale dovrà essere ridotta al 7,5%, attesa l’assenza di rischi per
l’appaltatore; sulla somma così ricavata potranno essere apportate ulteriori
riduzioni, se giustificate dal tenore dell’offerta formulata dalla ricorrente
nella procedura di gara. Su tale somma andranno calcolati gli interessi legali e
la rivalutazione monetaria, dalla data di emissione dell’atto illegittimo fino
all’effettivo soddisfo.
Le spese processuali
vanno posta a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, prima sezione di Napoli,
definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza,
domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:
-
accoglie il ricorso n. 1760 dell’anno 2002 e per
l’effetto condanna il Comune di Quarto al risarcimento dei danni nei confronti
della Società Cooperativa “La Panda 80” a r.l., nella misura da determinarsi
con accordo delle parti, ai sensi dell’art. 35 c. 2 D.L.vo n. 80/98, secondo i
criteri ed entro il termine indicati in motivazione;
-
condanna il Comune di Quarto a rifondere alla
Società Cooperativa “La Panda 80” a r.l. le spese del presente giudizio, che
liquida in complessivi € 2.000 (duemila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso
spese generali, come per legge.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Napoli,
nella Camera di Consiglio del 27/10/2004.
Giancarlo Coraggio
Presidente
Guglielmo Passarelli di Napoli Estensore
Depositata in
segreteria il 30 nov. 2004.