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CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, SEZ. I CIV., sent. 11
febbraio 2000 n. 282 - (MARTONE -
Pres. - , FIENGO - rel. -, DE DONATO - cons. -); Apicella,
Marcasciano (Avv. Prof. Antonio PALMA, Avv.ti Camillo CANCELLARIO e Marco
VERRUSIO), Buccione (Avv.ti Franco Iadanza e Alessandro
BIAMONTE) contro Ricciardi (Avv. Francesco Maria DEL VECCHIO)
e Martini, Circelli e Agostinelli (Avv.ti Lucio ed Ersilia FACCHIANO). Segretario Generale Comunità Montana - Ineleggibilità ex art. 2 n. 5 L. 23.4.81 n. 154 a Sindaco di comune appartenente a Comunità - Non sussiste.
Alessandro BIAMONTE Eleggibilità
del Segretario Generale di una Comunità Montana a Sindaco di uno dei Comuni che
la compongono
La decisione in esame offre interessanti spunti
ricostruttivi e interpretativi in ordine alle vicende connesse a situazioni di
ineleggibilità, intervenendo in un ambito che, a detta della stessa Corte è
privo di precedenti giurisprudenziali.
Si controverte, infatti, sulla eleggibilità del
Segretario Generale di una Comunità Montana a Sindaco di uno dei Comuni che la
compongono. La questione offre ragioni di attenta riflessione anche in
considerazione del fatto che il ritenere eleggibile a tale carica il Segretario
della Comunità apparirebbe, da un primo esame non approfondito, porsi in
contrasto con le finalità di imparzialità della P.A. perseguite dal Legislatore.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, occorre analizzare attentamente la
ratio sottesa alla norma, al fine di verificare se (e quali) situazioni
di ineleggibilità siano state individuate in astratto con la finalità di
salvaguardia di detti valori. In ogni caso, occorre ribadire che il principio
dell’elettorato passivo, consacrato nell’art. 51 Cost., rappresenta una
posizione soggettiva suscettibile di restrizione solo quando ciò si renda
indispensabile al fine di salvaguardare interessi, sempre di rango
costituzionale, riconosciuti preminenti.
Alla luce di tali considerazioni deve, quindi,
essere letta ogni norma che statuisca sull’ineleggibilità di alcune categorie di
eccezioni. Infatti, «l’eleggibilità è la regola e l’ineleggibilità è
l’eccezione» (si veda C. Cost. 6.5.1996 n. 141), con la conseguenza che le norme
che derogano al principio della generalità dell’elettorato passivo sono di
stretta interpretazione e devono essere circoscritte entro i limiti di quanto è
indispensabile a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono
preordinate.
Nel caso in esame la norma da prendere in
considerazione è l’art. 2 n. 5 della Legge 23.4.1981 n. 154. Il giusto canone
ermeneutico, al fine di vagliare l’ipotesi di eleggibilità del Segretario
Generale della Comunità Montana, è offerto da una interpretazione operata
stricto sensu, evitando di cedere alla tentazione di interpretazioni
analogiche in contrasto con l’art. 14 disp. prel. c.c. .
Dispone la norma che non sono eleggibili alla
carica di consigliere regionale, comunale e circoscrizionale «i titolari di
organi individuali ed i componenti di organi collegiali, che
esercitano poteri di controllo istituzionale sull’amministrazione della
regione, della provincia o del comune, nonché i dipendenti che dirigono o
coordinano i rispettivi uffici». L’analisi del disposto legislativo deve essere
condotta alla luce del principio contenuto nell’art. 12 disp. prel. c.c.,
attribuendo il significato proprio delle parole avuto riguardo alla connessione
delle stesse. Dunque, esaminando il caso che ci occupa, dovrebbe affermarsi
l’ineleggibilità del Segretario Generale della Comunità Montana solo ove lo si
ricomprenda tra gli organi che esercitano controllo istituzionale
sull’amministrazione del comune, ovvero lo si configuri quale dipendente che
diriga o coordini gli uffici in parola. Non ricorre alcuna delle due ipotesi nel
caso di specie.
In modo particolare, soffermandoci sulla seconda
ipotesi, deve escludersi con certezza la sussunzione dell’ipotesi esaminata
sotto la dizione della norma «dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi
uffici (degli organi di controllo istituzionale, n.d.r.)». Diversamente,
si finirebbe con il violare l’anzidetto principio di stretta interpretazione,
finendo con il configurare, con evidenti contraddizioni, un autonomo centro di
imputazione, persona giuridica pubblica, – l’ente Comunità Montana –
quale «organo», ovvero la persona (organo individuale) o le persone (organo
collegiale) di cui si avvale l’ente per esercitare le proprie potestà, organo
che, a sua volta, persegue i fini istituzionali di quest’ultimo per mezzo del
complesso organizzato di sfere di competenze degli uffici.
Parimenti, pur volendo prescindere (ma non è
possibile farlo in considerazione del principio di stretta interpretazione
ermeneutica che vincola l’interprete) da queste ultime considerazioni,
sorvolando sulla contraddittorietà di una equazione «ente-organo», e
soffermandoci sull’eventuale esercizio di attività di controllo, da parte della
Comunità Montana, sull’amministrazione dei comuni che la compongono, non è
possibile pervenire a conclusioni differenti. La norma dell’art. 2 n. 5 L.
154/81, essendo di stretta interpretazione, postula, infatti, che, ai fini della
sua applicabilità, ci si soffermi sui singoli organi di cui si compone l’Ente e
non già allo stesso nel suo complesso, e quindi si verifichi se essi esercitino,
o meno, poteri di controllo
Orbene, la norma in esame statuisce che il
controllo esercitato deve essere «istituzionale». Il Collegio giudicante esclude
con sicurezza la previsione in astratto e l’esercizio di un «controllo
istituzionale» della comunità sul comune, escludendo, in nuce, la
paventata commistione «controllore - controllato» nell’ipotesi di elezione del
Segretario Generale della prima a sindaco. Afferma, infatti, la Corte che
«l’espressione “controllo istituzionale” non può, allo stato della legislazione
vigente, ritenersi corrispondente ad una nozione di ingerenza in senso lato». A
tal proposito, i Giudici evidenziano la differenza tra la generica locuzione
«vigilanza» utilizzata, all’art. 15 n. 2, nel precedente D.P.R. 570/1960 e
l’espressione contenuta nella norma oggi esaminata, con una formulazione, nuova,
che deve intendersi riferita ad una situazione di controllo in senso proprio.
L’«innegabile tecnicismo» dei termini adoperati dal legislatore, nell’ambito di
una legge che ha individuato più rigorosamente le ipotesi di ineleggibilità (con
transito di situazioni in precedenza valutate come tali nella categoria
dell’incompatibilità) non lascerebbe spazio alcuno a dubbi interpretativi. Ciò
senza considerare che la legge postula, affinché sussista impedimento
all’elettorato passivo, non già una mera situazione di inconciliabilità con lo
svolgimento del mandato, ma «una più pregnante condizione di inquinamento della
stessa campagna elettorale, con funzioni il cui svolgimento ponga il titolare in
posizione di potenziale disuguaglianza e preminenza, rispetto agli altri
candidati, per l’influenza che può esercitare sugli elettori» (v. anche Cass.,
16.3.90 n. 2201).
Queste considerazioni permettono, dunque, di
dissipare anche gli eventuali (e residuali) dubbi concernenti l’eleggibilità del
Segretario Generale della Comunità Montana in ragione di un supposto esercizio
di attività di controllo, da parte della Comunità (per mezzo del suo
Presidente), sull’amministrazione attiva del comune che ne fa parte. La
questione concerne, in particolare, l’approvazione degli strumenti urbanistici,
il controllo di conformità dei piani particolareggiati di esecuzione e
l’approvazione dei piani di edilizia economica e popolare, in regime di delega
da parte della Regione a favore delle Comunità Montane.
L’esercizio di tali funzioni delegate non integra,
però, gli estremi di una attività di controllo in senso tecnico, considerato che
si è in presenza dell’esercizio di una funzione di amministrazione concorrente,
dal momento che gli strumenti urbanistici si presentano come la risultante di un
procedimento complesso, caratterizzato da una fase di competenza comunale –
adozione – e da un’altra – approvazione – posta dalla Legge in capo alla
Regione, ovvero all’autorità delegata. Ugualmente, per ciò che concerne
l’ipotesi del «controllo di conformità dei piani particolareggiati di
esecuzione» (previsto dalla L. Reg. Campania 20.3.82 n. 14), deve affermarsi che
non si è in presenza di un controllo in senso tecnico, dal momento che non è
riconosciuto alcun potere di tipo inibitorio (che si estrinsechi in forme
repressive o sostitutive), prevedendosi la semplice possibilità di richiedere
l’adeguamento dello strumento alle leggi, ai regolamenti e al PRG, nonché al
piano regionale e territoriale. Se anche, per remota ipotesi, non si volesse
aderire all’opinione che detta attività è espressione del potere di formazione
concorrente dello strumento urbanistico, non può certo affermarsi di essere in
presenza di «controllo istituzionale», nel senso che essa costituisca
l’attività esclusiva o prevalente della Comunità. Appare opportuno ricordare che
già la Corte di Cassazione (Cass., 16.3.90 n. 2201) ha avuto modo di
pronunciarsi sul punto, ritenendo insussistente l’ineleggibilità di un dirigente
dell’assessorato regionale all’urbanistica dal momento che «la funzione
espletata dagli organi urbanistici della regione, con l’approvazione degli
strumenti urbanistici del Comune, anche se non scevra da profili effettuali di
potenziale ingerenza, non realizza comunque una forma di controllo in senso
tecnico». Essa, piuttosto, si sostanzia, richiamando una decisione del Consiglio
di Stato (Cons. St., IV sez., 279/82), «una forma di concorso di volontà,
espressione di una attività di amministrazione attiva, necessaria per il
perfezionamento di un atto complesso».
Esercizio istituzionale di poteri di controllo non
può riconoscersi in capo ad un soggetto di programmazione e gestione del
territorio montano e delle zone intercluse, che, per sua natura, come affermato
nel suo statuto, realizza «una politica promozionale e di intervento, con la
collaborazione delle forze politiche, sociali, sindacali, economiche e di
cittadini operanti nel territorio».
Conforto alla tesi prospettata proviene, infine,
dalla normativa vigente. Sorvolando sulla disciplina regionale della Campania
(che, nella L.R. 14.1.1973, prevede espressamente che il Consiglio Generale
della Comunità sia composto da rappresentanti di ciascun comune eletti dai
rispettivi consigli comunali nel proprio seno), si può pervenire ad un principio
valevole nella generalità dei casi richiamando la disciplina introdotta
dall’art. 7 della Legge 3.8.1999 n. 265 (Napolitano - Vigneri), modificativa
dell’art. 28 della L. 142/90. Il disposto della norma in questione, infatti, al
co. 2, dopo avere previsto che la comunità montana ha un organo rappresentativo
e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni
partecipanti, afferma esplicitamente che «il presidente (ossia l’organo
per mezzo del quale si eserciterebbe il paventato controllo, n.d.r.)
può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità».
Se, dunque, è ammesso un cumulo di cariche tra l’organo per mezzo del quale
vengono esercitati i poteri della comunità e il sindaco di uno dei comuni che la
compongono, a maggior ragione deve ritenersi sussistente l’eleggibilità del
Segretario Generale della Comunità, il quale non può ritenersi titolare di alcun
potere di controllo sull’attività del comune membro. Opinando in modo
differente, si perverrebbe all’assurdo di ritenere che la legge abbia attribuito
un potere di controllo agli stessi controllati.
La norma dell’art. 2 n. 5 L. 154/81, proprio in
quanto di stretta interpretazione, postula, quindi, che, ai fini della sua
applicabilità, l’interprete guardi, ai singoli organi di cui si compone l’Ente e
non già allo stesso nel suo complesso, salvo poi verificare se essi esercitino,
o meno, poteri di controllo. Nel caso del Segretario Generale della Comunità
Montana deve escludersi tale ipotesi. La Corte non ha ritenuto opportuno
soffermarsi sul ruolo del Segretario all’interno dell’Ente alla luce delle
riforme che ne hanno interessato la figura a partire dalla L. 127/97 e dai D. L.vi
80/98 e 191/98 (modifica dell’art. 51 co. 3 L. 142/90 e attribuzione della
responsabilità degli uffici ai dirigenti o, altrimenti, ai responsabili di
servizio), lasciando intendere che, volta per volta, occorre operare una
distinta analisi in ragione della attribuzione o meno delle funzioni di
direttore generale (art. 17, co. 68, L. 127/97). Comunque, anche tale ultima
ipotesi non rileverebbe ai fini del nostro caso, innanzi tutto perché si sarebbe
in presenza della eventuale previsione di esercizio di poteri di amministrazione
attiva all’interno dell’Ente, e, in secondo luogo, in quanto l’ineleggibilità di
cui alla L. 154/81 richiede l’esercizio di poteri di controllo «istituzionale»,
che, in quanto tali, non sono affatto connaturati alla figura del Segretario
Generale.
Segue il testo della sentenza
(Giudizi riuniti nn. 14/99 - 15/99 R.G. Ruolo
elettorale)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di
Appello di Napoli - sezione I civile - così composta: Dott. Luigi Martone
Presidente
Dott. Giancarlo de Donato
Consigliere
Dott. Andrea Fiengo Consigliere relatore SENTENZA
nei giudizi riuniti nn. 14 e 15 del registro generale reclami dell’anno 1999,
vertenti TRA Apicella
Antonietta, elettivamente domiciliata in Napoli, alla via C. Poerio n. 53 presso
l'avv. Gaetano Coduti (studio De Tilla), dal quale è rappresentata e difesa
APPELLANTE E
Marcasciano Gianfranco, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Carlo
Poerio n. 98, presso l’avv. Antonio Palma, dal quale e rappresentato e difeso
unitamente agli avv.ti Camillo Cancellario e Mario Verrusio
APPELLANTE E Martini
Domenico Antonio, Circelli Salvatore ed Agostinelli Donato, elettivamente
domiciliati in Napoli, alla via Monte di Dio n. 66, presso l'avv. Clemente
Bocchini. rappresentati e difesi dagli avv.ti Lucio Facchiano ed Ersilia
Facchiano
APPELLATI E
Ricciardi Giovanni, elettivamente domiciliato in Napoli, alla via Marino Turchi
n. 31, presso l’avv. Francesco Maria Del Vecchio, dal quale è rappresentato e
difeso
APPELLATO E Buccione Giovanni, elettivamente
domiciliato in Napoli, alla via Duomo n. 348, presso gli avv.ti Franco e Alfredo
Iadanza ed Alessandro Biamonte, dai quali è rappresentato e difeso
INTERVENTORE APPELLATO
E Il P.G.
della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli
INTERVENTORE EX LEGE CONCLUSIONI
Uditi alla pubblica udienza del 4.2.2000 il P.G. presso la Corte di Appello di
Napoli, nonché gli Avv.ti Palma, Cancellario, Verrusio, Biamonte e Del Vecchio. P.G.:
Chiede la conferma della sentenza di I grado con il conseguente rigetto
dell’appello PP.CC. appellanti ed
interventore: Chiedono l’accoglimento dell’appello. P.C. appellato Ricciardi:
Chiede il rigetto dell'appello.
SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO
Con ricorso
depositato il 14.7.99, Martini Domenico Antonio, Circelli Salvatore e
Agostinelli Donato chiedevano al Tribunale di Benevento che la decadenza dalla
carica di sindaco del Comune di San Bartolomeo in Galdo di Marcasciano
Gianfranco, ricorrendo la causa di ineleggibilità di cui all’art. 2 n. 5 della
legge 23.4.81 n. 154, essendo il Marcasciano Segretario Generale della Comunità
Montana del Fortore, della quale faceva parte il Comune di S. Bartolomeo in
Galdo.
Analogo ricorso veniva depositato, in data
16.7.99, da Ricciardi Giovanni.
Il Marcasciano si costituiva nel giudizio proposto
dal Ricciardi, eccependo la mancata integrazione del contraddittorio nei
confronti di tutti i consiglieri in carica, litisconsorti necessari, e
l'inammissibilità del ricorso perché proposto da consigliere comunale avente un
interesse personale contrastante con l’effetto che tendeva ad ottenere con il
ricorso; nel merito, contestava la fondatezza della domanda.
Alla fissata udienza di discussione, spiegava
intervento volontario, nel giudizio promosso dal Martini, dal Circelli e dall'Agostinelli,
Buccione Giovanni, il quale eccepiva l'inammissibilità del ricorso perché
notificato non in proprio al Marcasciano, ma quale Sindaco del Comune, nel
merito contestava il fondamento del ricorso.
Disposta la riunione dei due procedimenti, il
Tribunale di Benevento, con la sentenza n 869/99 del 16.11/1.12.99, rigettava le
varie eccezioni sollevate dalle parti e nel merito, riteneva la Comunità Montana
investita di preminenti poteri di controllo sul comune, concretizzantisi, in
particolare, nel controllo di confomità in relazione all’approvazione di
strumenti urbanistici e di piani di edilizia economica e popolare; riteneva,
inoltre, che il Segretario Generale della Comunità avesse poteri analoghi a
quelli del segretario comunale e provinciale e che, quindi, quale capo
dell’organizzazione burocratica dell'ente, fosse chiamato a coordinare lo
svolgimento delle limoni dirigenziali, con compiti di superiore dirigenza;
riteneva, pertanto, sussistente l’ipotesi di cui all’art. 2 n. 5 della legge n.
l54/8l e, conseguentemente, dichiarava il Marcasciano decaduto dalla carica di
sindaco, compensando integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Avverso detta sentenza, con ricorso depositato il
7.12.99, proponeva impugnazione Apicella Antonietta, elettrice del Comune di San
Bartolomeo in Galdo, la quale eccepiva la nullità della sentenza per
omessa notifica del ricorso proposto dal Ricciardi al PM. e per la mancata
partecipazione di quest’ultimo al giudizio, nonché per non avere lo stesso
concluso nei due giudizi riuniti, eccepiva, inoltre la decadenza dall’azione
elettorale di Martini, Circelli ed Agostinelli, per mancanza di rituale notifica
del ricorso nel termine di legge, nonché la mancanza di prova che gli stessi
erano elettori del Comune al momento delle elezioni, nonché ancora
l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ricciardi per carenza di interesse;
adduceva ancora che il contraddittorio doveva essere integrato nei confronti di
tutti i consiglieri comunali e, nel merito, deduceva che, contrariamente a
quanto ritenuto dal Tribunale, nessuna funzione di controllo istituzionale
veniva esplicata dalla Comunità montana nei confronti del Comune e che nessuna
attività era espletata dal Segretario Generale di tale comunità; chiedeva,
pertanto, che fosse dichiarata la nullità della sentenza e del giudizio di primo
grado e che le parti fossero rimesse in primo grado; in subordine, in via
prelimnare che, riconosciuta la necessità dello svolgimento del giudizio in
contraddittorio con tutti i consiglieri comunali in carica, fosse annullata la
sentenza con rimessione delle parti innanzi al Tribunale; in via ancora più
gradata, che, previo annullamento dell'ordinanza di riunione dei due
procedimenti, fosse dichiarato nullo il giudizio e la sentenza nel ricorso
proposto dal Ricciardi, per assenza del P M.; in via ulteriormente gradata, che
fossero dichiarati inammissibili o rigettati entrambi i ricorsi di primo grado,
con vittoria, in ogni caso di spese ed onorari del doppio grado di giudizio.
Il Martini, il Circelli, l’Agostinelli ed il
Ricciardi resistevano al proposto gravame; I primi tre proponevano impugnazione
incidentale relativamente alla dichiarata integrale compensazione delle spese
del giudizio di primo grado. Si costituiva anche
il Buccione, il quale chiedeva l'accoglimento dell’impugnazione.
Con ricorso depositato il 15.12.99,
proponeva appello anche il Marcasciano il quale, per gli stessi motivi dedotti
dall'Apicella, formulava le medesime richieste.
Anche a tale gravame resistevano il Martini, il
Circelli, l'Agostinelli ed il Ricciardi, i primi tre proponendo in
via incidentale impugnazione incidentale relativamente al governo delle spese di
primo grado
Si costituiva anche il Buccione, il quale chiedeva
la riforma della sentenza di primo grado, con tutte le conseguenze di
legge.
Alla fissata udienza del 4.2.2000, disposta la
riunione dei due ricorsi, udita la relazione del giudice all’uopo delegato, il
P.G. ed i procuratori delle parti concludevano come indicato in epigrafe.
All'esito la Corte decideva come da dispositivo, che veniva letto in
udienza. MOTIVI DELLA
DECISIONE
(omissis)
Passando all’esame del merito, deve subito dirsi
che i proposti gravami sono fondati.
Come è noto, l’art. 2 n. 5 della legge 23 aprile
1981 n 154 stabilisce che non sono eleggibili a consigliere regionale, comunale
e circoscrizionale «i titolari di organi individuali ed i componenti di organi
collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull'amministrazione
della regione della provincia o del comune nonché i dipendenti che dirigono i
rispettivi uffici».
Vertendosi in terna di disposizione limitativa del
diritto di elettorato la stessa è di stretta interpretazione, dovendo essere
circoscritta nei limiti di quanto è indispensabile affinché siano soddisfatte le
esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate.
Tutto premesso e rilevato che la norma fa
riferimento ad organi e non ad enti, quale è indubbiamente la Comunità Montana,
non può non tenersi conto che il controllo esercitato deve essere
«istituzionale».
L'espressione «controllo istituzionale» non può,
allo stato della legislazione vigente, intendersi corrispondente ad una nozione
di ingerenza in senso lato, così come ritenuto con riferimento alla più generica
locuzione «vigilanza» contenuta nell’art. 15 n. 2 del precedente DPR n.
570/1960, dovendo la nuova formula intendersi, invece, riferita ad una
situazione di controllo in senso proprio. Ciò è
dato desumere dall'innegabile tecnicismo dei termini adoperati, nel contesto,
per di più, di una legge che, con pretese di razionalizzazione della materia ha
ridisegnato le «cause di ineleggibilità» in senso più rigoroso (con la
conseguenza che talune situazioni in precedenza valutate come tali sono
transitate nella parallela categoria delle «cause di incompatibilità»),
postulando, perché sussista l'impedimento all'elettorato passivo, non una mera
situazione di inconciliabilità con lo svolgimento del mandato, bensì una più
pregnante condizione di inquinamento della stessa campagna elettorale, con
funzioni il cui svolgimento ponga il titolare in posizione di potenziale
preminenza, rispetto agli altri candidati, per l'influenza che può esercitare
sugli elettori (in tali termini, Cass. 16.3.90 n. 2201).
Non può, poi, trascurarsi che l’uso da parte del
legislatore del termine «istituzionale», porta anche a far ritenere che quella
di controllo debba essere l’attività esclusiva, o almeno prevalente,
dell'organo.
Ora, nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto
sussistente l’ineleggibilità del Marciano, Segretario generale della Comunità
Montana, per avere la Regione Campania delegato alle Comunità Montane alcune sue
funzioni, facendo poi riferimento, in particolare all'approvazione degli
strumenti urbanistici, al controllo di conformità in relazione ai piani
particolareggiati di esecuzione ed all’approvazione dei piani di edilizia
economica e popolare.
Ma tali attività non rientrano in un controllo
inteso in senso proprio, dovendosi, invece, ritenere parti di atti complessi
Non va in proposito, dimenticato che la Suprema
Corte, con la citata decisione n. 2201/90, ha ritenuto insussistente
l’ineleggibilità di un soggetto ricoprente qualifica dirigenziale nell’ambito
dell’assessorato regionale all’urbanistica, dato che «la funzione espletata
dagli organi urbanistici della regione, con l’approvazione degli strumenti
urbanistici del Comune, anche se non scevra da profili effettuali di potenziale
ingerenza, non realizza comunque una forma di controllo in senso tecnico, ma
sostanzia viceversa una “forma di concorso di volontà, espressione di una
attività di amministrazione attiva, necessaria per il perfezionamento di un atto
complesso” (v. amplius Cons. Stato, sez. IV, 1982 n. 279)».
Ma, pur volendo, per ipotesi, ritenere che si
verta in tema di vera e propria attività di controllo, non può certamente
ritenersi che si tratti di un «controllo istituzionale», nel senso che tale
attività costituisca l’attività esclusiva o prevalente della Comunità. Per
rendersi conto del contrario, basta, infatti, rammentare che, in base all’art. 4
del Suo Statuto, la Comunità Montana del Fortore è «un soggetto di
programmazione e gestione del territorio montano e delle zone intercluse» che,
in quanto tale, «realizza una politica promozionale e di intervento, con la
collaborazione delle forze politiche, sociali, sindacali, economiche e di
cittadini operanti nel territorio». Ma v’è di più. Ad
escludere che la Comunità Montana eserciti poteri di controllo sui comuni è la
stessa legge regionale 14.1.74 n. 3, istitutiva delle Comunità Montane in
Campania.
Tale
legge nel prevedere quale organo della Comunità Montana un Consiglio Generale,
stabilisce che detto Consiglio Generale debba essere formato da tre
rappresentanti di ogni Comune associato, eletti dai rispettivi Comunali nel
proprio seno (artt. 6-8).
Ora non
v’è chi non veda che, volendo attribuire alle Comunità Montane un potere di
controllo istituzionale sui Comuni associati, si perverrebbe all’assurdo di
ritenere che la legge abbia attribuito un potere di controllo agli stessi
controllati.
Non
può, infine, trascurarsi che, ad escludere l’esistenza di un controllo
istituzionale da parte delle Comunità Montane, per lo stesso motivo or ora
indicato, milita anche l'art. 7 della legge 3.8.99 n. 265, secondo il
quale il Presidente della Comunità Montana può cumulare la carica con quella di
Sindaco di uno dei Comuni della Comunità.
Tale
norma, pur essendo successiva all'elezione alla quale si riferisce la
fattispecie concreta, costituisce comunque utile elemento di interpretazione
della norma invocata. Quanto fin qui detto è sufficiente a far ritenere che la
qualità di Segretario Generale della Comunità Montana rivestita, non costituisca
causa di ineleggibilità del Marcasciano, senza dover ricorrere all'esame delle
funzioni connesse a tale qualità, in ordine alle quali, comunque, sia pur solo
per completezza, va osservato che la Corte non ritiene di poter condividere le
argomentazioni degli appellanti, atteso che l'art. 17, c. 68, della legge n
127/97 fa salva l'ipotesi che lo Statuto dell’Ente attribuisca al Segretario le
funzioni di direttore generale.
L’accoglimento degli appelli principali esime dall'esame di quelli incidentali,
relativi al governo delle spese di primo grado. In
considerazione della natura della controversia, delle questioni di diritto
prospettate e della mancanza di precedenti giurisprudenziali relativi
specificamente alle Comunità Montane, si ritengono sussistenti i giusti motivi
di cui all’art. 92 c.p.c. per dichiarare integralmente compensate tra tutte le
parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M. La
Corte di Appello di Napoli, definitivamente pronunciando sugli appelli di cui
sopra, cosi decide: a)
accoglie gli appelli e per l'effetto,
rigetta le proposte domande di Marcasciano Gianfranco dalla carica di Sindaco
del Comune di S. Bartolomeo in Galdo; b)
dichiara integralmente compensate tra
tutte le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso in Napoli, in camera di consiglio, il
4.2.2000 |
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