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commento pubblicato su LexItalia.it - www.lexitalia.it
rivista di diritto pubblico diretta dal Prof. Avv. G. Virga dell'Università di Palermo

commento di Alessandro Biamonte

TRIBUNALE DI NAPOLI, SEZ. I CIVILE – Sentenza 28 gennaio 2002 n. 1189 Pres. Chiappetta, Est. Sica – Landi E. (Avv. Andrea Abbamonte) c. Smimmero G. (Avv.ti Alessandro Biamonte, Franco Iadanza, Emilio Prisco) e Regione Campania (n.c.) - (rigetta il ricorso).

Elezioni - Elezioni regionali - Ineleggibilità - Causa di ineleggibilità prevista dall’art. 2, comma 9° della L. n. 154/1981 - Applicabilità nei confronti dei consiglieri regionali - Ragioni - Fattispecie.

2. Elezioni - Ineleggibilità - Ratio - Individuazione.

1. La causa di ineleggibilità prevista dall’art. 2, n. 9, della legge 154/1981 (riguardante i legali rappresentanti ed ai dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune, il cui territorio coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale, con cui sono convenzionate o lo ricomprende o dei comuni che concorrono a costituire l’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate) - e sostanzialmente riprodotta nell’art. 60 del T.U. 267/2000 - è applicabile anche nei confronti dei consiglieri regionali. Invero, l’espressa esclusione effettuata dall’ultimo comma dell’art. 2 della L. 154/81 ai soli consiglieri provinciali, per quanto riguarda l’applicabilità della causa di ineleggibilità di cui al n. 9 dello stesso articolo, implica che quest’ultima operi, invece, per i consiglieri regionali (alla stregua del principio è stata ritenuta nella specie legittima una delibera con la quale era stata negata, ai sensi dell’art. 2 n. 9 della legge 154/81, la convalida dell’elezione a consigliere regionale di un candidato che era stato legale rappresentante di una struttura convenzionata).

2. Tutte le cause di ineleggibilità si fondano sull'esigenza di garanzia della parità tra tutti i concorrenti della com petizione elettorale, con il fine di preservare la libera determinazione del voto degli elettori, e sottrarla alle influenze riconducibili a specifiche qualità di un candidato, in grado di porsi a detrimento della genuinità del voto e della trasparenza degli esiti della stessa.

Commento di

ALESSANDRO BIAMONTE
 

Ineleggibilità alla carica di consigliere regionale
del titolare di struttura convenzionata.
Sfera di efficacia dell’art. 1 co. 1 n. 9 L. 23.4.1981 n. 154.

Il diritto all’elettorato passivo costituisce un valore che il Costituente ha riconosciuto di preminente tutela, così che l’interprete chiamato ad individuare i criteri ermeneutici che informano l’applicazione delle norme in tema di ineleggibilità e incompatibilità deve sempre muovere dalla consapevolezza che le limitazioni poste dalla legge ordinaria non sono consentite se non trovano un preciso fondamento in principi di rigorosa razionalità (C. Cost. sent. 9.11.1988 n. 1020).

Se dunque, in astratto, può affermarsi agevolmente che «l’eleggibilità è la regola, l’ineleggibilità l’eccezione», non altrettanto può dirsi allorquando si è in presenza, da un lato, di una norma che, sotto il profilo del dictum, appare di non chiara formulazione, e, dall’altro, di una fattispecie concreta, che, specialmente alla luce dell’evoluzione legislativa, impone la necessità di garantire che la volontà degli elettori sia immune da condizionamenti diretti o indiretti, legati al particolare ruolo rivestito dal candidato. In questo caso appare prioritario garantire la parità di accesso agli uffici (art. 52 Cost.) e, al tempo stesso, impedire ab initio che si realizzino situazioni di conflitto di interessi, tali da alterare il corretto funzionamento degli organi elettivi.

Nel caso che ci occupa, il rilievo della pronuncia risiede nell’assenza di specifici precedenti sul punto. La pur recente la pronuncia della Corte di Cassazione (Cass., 1a sez. civ., 20.1.2001 n. 12862) – pubblicata in questa rivista  –, infatti, riguardando fattispecie differente (causa di incompatibilità ex art. 8 co. 1 n. 2 L. 154 alla carica di sindaco di un medico in regime di convenzione), pur affrontando, lato sensu, il problema dei rapporti tra Comune, Asl e Regione, non consente di superare i legittimi dubbi interpretativi.

La fattispecie oggetto della pronuncia in rassegna concerne l’invocabilità della causa di ineleggibilità contemplata al n. 9 dell’art. 1 L. 154/81 nell’ipotesi in cui si controverta in ordine all’elezione di un consigliere regionale.

Il disposto normativo afferma, testualmente, non eleggibili «… i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate (n.d.r.: ora «accreditate» dalla Regione) per i consigli [regionali e comunali e circoscrizionali ?] del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui sono convenzionati o lo ricomprende o dei comuni che concorrono a costituire l’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate».

L’unico dato letterale di ausilio nell’esegesi è rappresentato dall’incipit della norma, «non sono eleggibili a consigliere regionale, provinciale, comunale…», da coordinare con l’ultimo comma del medesimo articolo («le cause di ineleggibilità prevista dai numeri 8 e 9 non si applicano per la carica di consigliere provinciale»).

L’espressa esclusione della causa di ineleggibilità di cui al n. 9 (e n. 8) alla sola carica di consigliere provinciale inequivocabilmente consente di dedurre che la stessa si applichi alla carica di consigliere regionale e circoscrizionale, oltre che comunale.

In breve: se la causa di ineleggibilità di cui all’art. 2 co. 2 n. 9 fosse stata riferibile in via esclusiva ai consiglieri comunali, non vi sarebbe stato alcuna necessità di escluderne espressamente l’applicabilità ai soli consiglieri provinciali. Interpretazione, questa, condivisa dal Collegio giudicante nella sentenza riportata.

Non vi è dubbio che la formulazione letterale non si distingua per chiarezza. Peraltro, non può negarsi che, in sede di redazione del D.Lgs 267/2000, si sia persa l’occasione di dirimere la vexata quaestio, adeguando il dato letterale all’evoluzione legislativa in materia medio tempore intercorsa (da ultimo v. D.Lgs. 229/99), segnata da un evidente arretramento dei poteri gestori dei Comuni nei confronti delle Asl, a fronte di un avanzamento di quelli della Regione (cfr. Cass. 15284/2000).

E’ sempre più pregnante situazione di ingerenza tra ente regionale, Aziende Sanitarie e strutture convenzionate, sino al punto di spingersi, in seguito alle modifiche al D.Lgs. introdotte dal D. Lgs. 229/99 al D.Lgs. 502/92, alla sua massima espressione, rappresentata dall’accreditamento istituzionale della struttura «convenzionata» (recte: «accreditata») – rilasciato dalla Regione – (art. 8 quater D. Lgs. 502/92) e dalla definizione di accordi tariffari tra Regione e strutture accreditate (art. 8 quinquies D.Lgs. 502/92). Situazione, questa, che non può certo ignorarsi ai fini dell’elezione del legale rappresentante della struttura nel consesso regionale, attesa l’evidente situazione di conflitto di interessi, e che, in ogni caso, non potrebbe certo essere rimossa da modifiche «di comodo» dell’assetto societario intervenute successivamente allo svolgimento delle consultazioni elettorali, o, peggio ancora, in vista dell’ingresso in aula.

L’unica «timida» presa d’atto dell’evoluzione legislativa intervenuta dopo la L. 154 del 1981 (avanzamento dei poteri gestori della Regione sulle Asl) è rappresentata dall’art. 3 D.Lgs. 502/92 il quale estende espressamente l’ipotesi di ineleggibilità del Direttore generale, sanitario e amministrativo dell’Asl, già contemplata dal n. 8 co. art. 1 L. 154, anche alla carica di membro delle assemblee regionali.

Viceversa, il legislatore si è limitato a trasfondere, pedissequamente, la norma dell’art. 1 L. 154 nell’art. 60 del T.U. Enti locali, abrogando la L. 154/81 (art. 274) per i soli casi riferibili ai consigli comunali, circoscrizionali e provinciali, e facendo «salve le disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali» (ai quali continua ad applicarsi la previgente disciplina legislativa).

Il problema del conflitto di interessi è di viva attualità, oltre ad essere fortemente sentito.

Sotto tale profilo, per l’ipotesi che ci occupa, saranno le singole Regioni a legiferare in materia. Recente il disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri il 25.1.2002 (Lexitalia.it), recante «Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione».

Dispone, infatti, l’art. 2 che le regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità, specificamente individuati, di cui all’art. 122 co. 1 Cost. nei limiti dei seguenti principi:«…sussistenza delle cause di inellegibilità qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle Regioni, possono turbare o condizionare in modo diretto la libera decisioni di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche rispetto agli altri candidati».

 

 

Sent. 1189/2002

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale di Napoli - Prima Sezione Civile - composto dai seguenti magistrati:

dott. Stefano Chiappetta Presidente

dott. Michele Magliulo Giudice

dott. Silvana Sica Giudice rel.

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 17692 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2001, avente ad oggetto: DIRITI DI ELETTORATO ATTIVO E PASSIVO, vertente

TRA

LANDI ERNESTO, elettivamente domiciliato in Napoli alla via Melisurgo n. 4, presso lo studio dell’avv. Andrea Abbamonte, che lo rappresenta e difende, come da procura a margine del ricorso;

RICORRENTE

E

SMIMMERO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in Napoli alla via Duomo n. 348 presso lo studio dell’Avv. Franco Iadanza, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avv. Alessandro Biamonte e Emilio Prisco, come da procura a margine del controricorso;

RESISTENTE

NONCHE’

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI

INTERVENTORE EX LEGE

CONCLUSIONI

All’udienza dell’11 gennaio 2002 i difensori delle parti concludevano riportandosi ai rispettivi atti.

Il P.M. concludeva per l’accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 19 novembre 2001, Ernesto Landi esponeva che era risultato primo dei non eletti nelle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Campania nella lista di Rinnovamento Italiano; che, pertanto, era divenuto titolare del diritto alla surroga di Giuseppe Scalera quale consigliere regionale, eletto al Parlamento; che, con delibera n. 77 del 30 ottobre 2001, il Consiglio Regionale della Campania aveva, tuttavia, annullato l’elezione del ricorrente a consigliere regionale della Campania e provveduto alla sostituzione con Giovanni Smimmero, primo dei non eletti nella medesima lista; che dal provvedimento adottato si evinceva che la ragione ostativa alla convalida dell’elezione era costituita dalla asserita ineleggibilità del Landi, quale legale rappresentante di una struttura convenzionata, ai sensi dell’art. 2 n. 9 della legge 154/81; che la norma indicata prevede l’applicazione della causa di ineleggibilità unicamente per i consigli del comune con il quale vi sia coincidenza territoriale con la struttura convenzionata, e non per i consigli regionali, poiché la regione e l’Unità Sanitaria Locale non involgono lo stesso ambito territoriale; che la norma era stata dettata proprio in funzione della connessione esistente all’epoca tra organi delle Usl e organi del comune, elementi superati dalla novella di cui al D.lgs. 502/92, che ha sostituito le Usl con le Asl, di diversa struttura territoriale e composizione organica e funzionale ed ha introdotto al vertice della Asl la figura del direttore generale, dirigente designato non dai comuni ma dalla regione, per cui era da dubitarsi dell’applicabilità del citato art. 2 n. 9 anche con riferimento alla carica di consigliere comunale; che l’espressa esclusione dell’indicata causa di ineleggibilità ai consiglieri provinciali era dettata dalla possibilità di coincidenza tra il territorio provinciale ed il territorio di competenza dell’unità sanitaria locale, a dimostrazione che il pericolo di inquinamento del voto scaturiva solo dalla interconnessione tra organi delle usl e dei comuni.

Concludeva, pertanto, perché venisse accertata incidenter tantum l’illegittimità della delibera del Consiglio Regionale n. 77/2001, e dichiarata la sussistenza del diritto del Landi a ricoprire la carica di consigliere regionale della Campania, con vittoria di spese.

Giovanni Smimmero, costituitosi in giudizio con comparsa del 18 dicembre 2001, eccepiva anzitutto l’inammissibilità del ricorso in quanto il Landi non aveva esibito il certificato di iscrizione nelle liste elettorali, unico documento idoneo a fondare la sua legittimazione attiva; che il ricorso doveva essere notificato a tutti i consiglieri regionali; che il Landi aveva omesso di procedere all’impugnativa della delibera del 18.9.2001 nel termine di trenta giorni; che nel merito il ricorso era infondato in quanto la posizione del Landi di amministratore unico con poteri di legale rappresentanza non dava adito a dubbi interpretativi anche in considerazione della situazione di ingerenza tra ente regionale, aziende sanitarie e strutture convenzionate e concludeva nel merito, comunque, per il rigetto del ricorso.

All’udienza di discussione dell’11 gennaio 2002 la causa, precisate le conclusioni come trascritte in epigrafe, veniva decisa mediante lettura del dispositivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va anzitutto precisato che a norma dell’art. 82 del D.P.R. 570/1960 le deliberazioni adottate in tema di eleggibilità possono essere impugnate da qualsiasi cittadino elettore del comune o da chiunque altro vi abbia diretto interesse.

Ne consegue che il Landi ha dato prova della propria legittimazione attiva in quanto destinatario del provvedimento del Consiglio Regionale della Campania con cui non è stata convalidata la sua elezione a consigliere regionale e, quindi, titolare del diritto all’accertamento del diritto soggettivo a ricoprire la predetta carica, a nulla rilevando, pertanto, la tardiva produzione in giudizio del certificato di iscrizione nelle liste elettorali.

Il resistente deduce, altresì, che il contraddittorio non sarebbe integro in quanto il ricorso doveva essere notificato a tutti i consiglieri regionali, in quanto il ricorso involgerebbe la volontà espressa dal consiglio nel suo deliberato.

Orbene, deve rilevarsi che nella presente controversia non sono contraddittori necessari né la Regione Campania, né tantomeno i singoli consiglieri regionali, in quanto tali soggetti sono estranei al giudizio che ha ad oggetto non la legittimità del provvedimento con cui non è stata convalidata l’elezione, bensì la sussistenza del diritto soggettivo del Landi a ricoprire la carica.

Occorre, poi, precisare che l’art. 17 della Legge 108/68 prevede che in sede di convalida il consiglio regionale deve esaminare d’ufficio la condizione degli eletti e, quando sussista qualcuna delle cause di ineleggibilità previste dalla legge, annulla l’elezione provvedendo alla sostituzione con chi ne ha diritto e la relativa deliberazione deve essere notificata entro cinque giorni a coloro la cui elezione sia stata annullata.

L’art. 82 del DPR 570/1960 stabilisce, poi, che le delibere adottate in materia di eleggibilità possono essere impugnate con ricorso che deve essere depositato in cancelleria entro trenta giorni dalla data finale di pubblicazione ovvero dalla data di notificazione di esse, quando sia necessaria.

Emerge dagli atti che la delibera di non convalida dell’elezione di Ernesto Landi alla carica di consigliere è stata adottata dal Consiglio Regionale della Campania in data 30.10.2001 e notificata all’interessato il 5.11.2001, per cui quest’ultimo ha ritualmente depositato il ricorso il 19.11.2001, prima, cioè, della scadenza del prescritto termine di trenta giorni dalla notifica.

Invero, a nulla rileva che il ricorrente non abbia impugnato la delibera del 18.9.2001 emessa dalla Giunta della Regione Campania, in quanto, sulla scorta della normativa suindicata, ed in particolare dell’art. 17 L. 108/68, non trattasi di atto definitivo della complessa procedura per la convalida del consiglio regionale.

Nel merito il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, rigettato.

Va premesso in punto di fatto che il Consiglio Regionale della Campania, con delibera n. 77 del 30 ottobre 2001, annullava l’elezione di Ernesto Landi a consigliere regionale e provvedeva alla immediata sostituzione con Giovanni Smimmero, primo dei non eletti nella lista di Rinnovamento Italiano.

Il Landi assume che, per quanto il provvedimento impugnato non indichi espressamente il motivo della mancata convalida dell’elezione, può, comunque, desumersi dall’atto che la ragione ostativa alla sua nomina a consigliere regionale va individuata nell’asserita ineleggibilità del ricorrente ai sensi dell’art. 2 n. 9 L.154/81.

Ne consegue che, unicamente prospettata in tali termini la domanda, la disamina effettuata da questo Tribunale deve vertere esclusivamente in ordine alla sussistenza o meno nella specie dell’indicata causa di ineleggibilità.

Anzitutto giova precisare che in subiecta materia l’ineleggibilità riguarda talune categorie di soggetti ritenuti potenzialmente in grado, in virtù dell’ufficio ricoperto, di influenzare l’elettorato e, quindi, di acquisirne il consenso, c.d. captatio benevolentiae, alterando la par condicio tra i candidati, per cui l’eventuale elezione è considerata radicalmente ed insanabilmente nulla.

In sostanza tutte le cause di ineleggibilità previste dall’art. 2 L. 154/81 trovano fondamento razionale nell’esigenza avvertita dal legislatore di garantire la parità tra tutti i concorrenti alla gara elettorale e scongiurare negative influenze sulla libera determinazione al voto da parte degli elettori, per effetto delle funzioni svolte da un candidato, ovvero dalla posizione di potere dal medesimo gestita, l’una e l’altra in grado di determinare, ovvero prefigurare determinate decisioni idonee ad influire sulle scelte dei cittadini a detrimento della genuinità del voto e della trasparenza degli esiti della competizione elettorale per il conferimento di cariche pubbliche.

Sulla base di tale ratio e per soddisfare l’esigenza sopra accennata, il richiamato art. 2 L. 154/81 elenca le categorie dei soggetti ineleggibili alla carica di consigliere regionale, comunale, provinciale e circoscrizionale specificando al numero 9 che ciò riguarda "i legali rappresentati ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate o lo ricomprende o dei comuni che concorrono a costituire l’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate".

Osserva in particolare il Collegio che, in tema di elettorato passivo negli enti locali, alla prima legge n. 154 del 1981 si sono susseguite nel tempo numerose disposizioni, che hanno introdotto diverse altre cause di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità, sì da creare un quadro normativo alquanto complesso.

Occorre premettere al riguardo che, in ordine alla presente controversia, l’esame della legislazione deve essere specificamente rivolto alle norme concernenti i soggetti operanti nel Servizio Sanitario Nazionale.

In effetti, le fattispecie ostative di cui alla L. 154/81 erano fondate sul presupposto dell’esistenza di un rapporto di dipendenza della Usl dal Comune e, pertanto, l’art. 2 prevedeva una serie di ipotesi di ineleggibilità, stabilendo testualmente al n. 8 che non erano eleggibili: "i dipendenti delle U.S.L. facenti parte dell’ufficio di direzione di cui all’articolo 15, nono comma, numero 2), L. 23 dicembre 1978 n. 833, ed i coordinatori dello stesso per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale da cui dipendono o li ricomprende" ed al n.9: "i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate o lo ricomprende o dei comuni che concorrono a costituire l’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate" all’evidente scopo di impedire il sospetto di condizionamento per la posizione rivestita di significativi settori dell’elettorato.

In seguito, con il Decreto Legislativo 502/92 è stata attuata la riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, ed in particolare dell’Usl prima, e dell’azienda poi, secondo una linea di progressivo accentramento dei poteri gestionali in un ambito sempre più limitato di soggetti (direttore generale, direttore sanitario e amministrativo, ai sensi del D.Lgs. N. 517/93), con riduzione dell’area della dirigenza con funzioni apicali, nella intenzione di rendere più efficiente la struttura, secondo criteri manageriali e si è attuato un arretramento dei poteri gestori del comune nei confronti delle Asl, operanti sul suo territorio, in corrispondenza dell’avanzamento dei poteri della Regione (Cass. 15284/2000).

In aderenza a tali principi l’art. 3 n. 9 del D.Lgs. 502/92 prevedeva l’ineleggibilità del direttore generale, sanitario ed amministrativo a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e delle assemblee delle regioni e del Parlamento.

Infine il Decreto Legislativo n. 267 del 18.8.2000 ha riformulato le disposizioni vigenti soprattutto per gli aspetti di maggiore problematicità applicativa, abrogando all’art. 274 n. 1 lettera l) l’intera legge 154/81.

Tanto premesso ai fini della ricostruzione della normativa esistente in materia, osserva il Collegio che, con riferimento alla fattispecie in esame, concernente, appunto, la verifica del diritto a ricoprire la carica di consigliere regionale, trova integrale applicazione la legge 154/81.

Precisamente si deve accertare se nei confronti del Landi sussista o meno la causa di ineleggibilità alla carica di consigliere della Regione Campania in relazione al ruolo che egli svolgeva di amministratore unico dell’Istituto Diagnostico Landi E. s.r.l. convenzionato con la Asl Napoli uno e se di conseguenza debba o meno essere annullata la deliberazione adottata dal Consiglio Regionale della Campania in data 30 ottobre 2001.

Effettuate le suindicate precisazioni, ai fini dell’individuazione della legge applicabile nella specie, deve rilevarsi che l’art. 2, nella formulazione antecedente alla parziale abrogazione avvenuta con la Legge 267/2000, prevedeva che non erano eleggibili a consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale, specificando al n.9, che faceva riferimento anche ai legali rappresentanti ed ai dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune, il cui territorio coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale, con cui sono convenzionate o lo ricomprende o dei comuni che concorrono a costituire l’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate, mentre all’ultimo comma disponeva che "le cause di ineleggibilità previste dai numeri 8) e 9) del presente articolo non si applicano per la carica di consigliere provinciale".

In effetti la disposizione citata è sostanzialmente riprodotta nell’art. 60 del T.U. 267/2000, in tema di ordinamento dei comuni e delle province e loro forme associative, il quale stabilisce che non sono eleggibilità sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale i legali rappresentati ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’azienda sanitaria locale od ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a costituire l’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate.

Al comma 9, infine, viene espressamente statuito che le cause di ineleggibilità previste dal n.9 del comma 1 non si applicano per la carica di consigliere provinciale.

Ed è appena il caso di rilevare che gli interventi prestati dal centro diagnostico di cui il Landi era amministratore, quali emergono, tra l’altro, dalle visure camerali agli atti, sono riconducibili al concetto di prestazione sanitaria, ai sensi del D.P.R. n. 616/77, art. 27, comma uno, lettera b) e art. 2 L. 88/98, e, pertanto, rilevanti ai fini dell’applicabilità della normativa in esame.

Orbene, è principio pacifico che la regola generale dettata dalla Costituzione in materia di elettorato passivo è rappresentata dalla più ampia apertura a tutti i cittadini, senza discriminazioni, così come sancito nell’art. 1. Le limitazioni poste dalla legge ordinaria, avendo carattere di aperta eccezione ad un principio costituzionale, non sono consentite se non trovano precisa giustificazione in criteri di rigorosa razionalità (Corte Cost. sentenza 9 novembre 1988 n. 1020).

Sulla scorta di tali argomentazioni appare ragionevole la disposizione di cui al n. 9 dell’art. 2 della legge 154/81 che limita l’ineleggibilità a coloro che sono legali rappresentanti o dirigenti di strutture convenzionate, in quanto, avvalendosi del prestigio e delle occasioni inerenti alla loro posizione hanno la possibilità di condizionare istituzionalmente il voto di settori significativi dell’elettorato.

Si tratta di un requisito di tipo negativo che, proprio per essere stato previsto esclusivamente nei confronti di coloro che si trovano ai vertici della struttura, rispetta il principio di razionalità tanto sotto il profilo dell’art. 3, quanto sotto quello previsto dall’art. 97 Cost.

Ritiene in particolare il Collegio che l’espressa esclusione effettuata dall’ultimo comma dell’art. 2 della L. 154/81 ai soli consiglieri provinciali, per quanto riguarda l’applicabilità della causa di ineleggibilità di cui al n.9, implica che quest’ultima operi, invece, per i consiglieri regionali.

Ed è proprio l’esame del complessivo dato testuale che dà un iniziale sostegno a tale conclusione, in quanto la circostanza che il n.9 facesse riferimento ai "consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate o lo ricomprende…", locuzione riprodotta, come sopra precisato nell’art. 60 del Testo Unico degli enti locali, si giustifica agevolmente con la volontà del legislatore non già di escludere dall’ambito di operatività della disposizione la carica di consigliere regionale, quanto di operare una delimitazione territoriale in relazione alla sola ineleggibilità a consigliere comunale.

In sostanza per i consiglieri comunali il problema del pericolo di condizionamento cui potrebbe essere esposto l’elettorato nei suoi diretti e indiretti rapporti con l’azienda erogatrice dei servizi socio sanitari e con le strutture convenzionate viene riconosciuto e tutelato dal legislatore solo in relazione alla coincidenza tra il territorio del consiglio comunale e quello dell’azienda sanitaria locale con cui le strutture sono convenzionate.

Appare evidente la motivazione di una tale scelta, in aderenza al suindicato principio di razionalità, in quanto nella specie la c.d. captatio benevolentiae può ricollegarsi unicamente agli elettori presenti nell’ambito territoriale.

Per quanto concerne, invece, la carica di consigliere regionale il collegamento della funzione con il territorio, pur assumendo la medesima rilevanza, ha ex se un ambito più ampio, non coincidente evidentemente solo con il territorio della singola azienda sanitaria locale.

Il precisato ambito applicativo della norma sulla base del dato letterale non è disgiunto da una valutazione delle obiettive finalità perseguite dal legislatore.

In sostanza, la nuova organizzazione delle Usl, le ha convertite in aziende che agiscono come entità strumentali della Regione, dotate di personalità giuridica pubblica, autonomamente organizzate negli aspetti amministrativi, patrimoniali e contabili, con il potere - dovere degli organi rappresentativi di "esprimere il bisogno socio sanitario delle comunità locali", rispettando, peraltro, l’esigenza di uno stretto collegamento tra il territorio e la primaria struttura sanitaria.

La legge sul riordino del Sistema Sanitario Nazionale ha, quindi, attribuito una precisa natura all’Asl, organizzandola come entità aziendale, ed ha regolato in ragione di evidenti esigenze, la posizione del titolare dei poteri di rappresentanza e di gestione dell’ente, e cioè il direttore generale, stabilendo, come sopra evidenziato, l’ineleggibilità a membro dei consigli regionali, provinciali, in uno con l’ineleggibilità dei direttori amministrativi e sanitari, mutando in tal modo la previsione di cui al n. 8 dell’art. 2 della L. 154/81.

Ma siffatta disciplina, poiché non supera in alcun modo i bisogni socio-sanitari delle comunità locali, anzi espressamente li menziona, oltre che considerarli per le finalità stesse che si propone (art. 3 D.lgs. 502/92), in alcun modo ha mutato le previsioni di ineleggibilità dei legali rappresentanti e dei dirigenti delle strutture convenzionate di cui agli artt. 43 e 44 della L. 833/78.

Infatti, la legge non ha comportato una recisione dei rapporti, di contro ancora caratterizzati da funzioni di controllo e di indirizzo del comune nei riguardi delle nuove aziende, permanendo nel quadro di disciplina dello stesso D.Lgs. 502/92 (v. art. 3, comma 14) come anche meglio definito dagli artt. 3 ter e 4 del successivo D.Lgs. 229/99, un ruolo rilevante del Sindaco, da solo o nel più ampio contesto della conferenza dei sindaci, nella formazione del programma, nell’indirizzo sanitario e nel controllo contabile della Asl, evidenziante una possibilità di conflitto di interessi tra sindaco e componente della struttura sanitaria.

Si giustifica, pertanto, l’applicabilità della causa di ineleggibilità a consigliere comunale del legale rappresentate o del dirigente di una struttura convenzionata con un Asl operante nel territorio del consiglio comunale da eleggere, nonché a consigliere regionale, essendovi, in questa ipotesi inevitabilmente coincidenza tra territorio della regione ed azienda sanitaria.

Inoltre, come ampiamente precisato, la Regione ha ormai incisivi poteri di controllo ed organizzativi nei confronti delle aziende tali da ritenere indubbiamente sussistente anche per la carica di consigliere regionale il pericolo di condizionamento dell’elettorato.

In particolar modo, la circostanza che l’art. 3 del d.lgs. 30.12.92 n. 502 in tema di organizzazione delle unità sanitarie locali, nel riorganizzare gli organi dell’azienda e nell’innovare alla previsione di cui al n. 8 dell’art. 2 in relazione ai soggetti, come sopra specificato, stabilendo l’ineleggibilità dei vertici dell’azienda, invece, che dell’ufficio di direzione, anche a membro del consiglio regionale, non abbia introdotto alcuna modifica o fatto riferimento ai legali rappresentanti o dirigenti della struttura convenzionata, implica che in relazione a queste stesse figure la ristrutturazione del Sistema Sanitario Nazionale non ha inciso rispetto alla previgente disciplina.

D’altra parte, come riconosciuto dalle stesse parti, la ratio che sottende la disposizione di cui al punto n. 8 ed al punto n. 9 è la medesima.

Invero, la stessa Corte Costituzionale ha messo in evidenza come la disposizione di cui al n. 8 dell’art. 2 della Legge 154/81, che limita l’ineleggibilità a coloro che rivestono uffici direttivi nelle Usl, sia ragionevole in quanto involge soggetti che avvalendosi del prestigio e delle occasioni inerenti alla loro posizione, hanno la possibilità di condizionare istituzionalmente il voto di settori significativi dell’elettorato ed alla base vi è la medesima ratio della disposizione contenuta nel successivo n. 9 dello stesso articolo, in quanto il dirigente della struttura convenzionata viene a trovarsi in uguale posizione di prestigio rispetto agli assistiti (Corte Costituzionale sentenza 1020/88).

Orbene, se questa è la lettura della norma suggerita dal giudice delle leggi, ne consegue che non si giustificherebbe in alcun modo una diversità di applicazione del n. 8 e del n. 9 in relazione alla carica di consigliere regionale.

Occorre, poi, rilevare che l’art. 2, comma tre, prevede che le cause di ineleggibilità non hanno effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature.

Giova in proposito precisare che l’intento perseguito è quello di fissare una data ultima per la rimozione delle situazioni di inquinamento elettorale nei confronti di candidati che versino in situazione di ineleggibilità, con l’eliminazione della condizione di rischio mediante definitiva o temporanea cessazione della situazione inquinante. La regola di diritto rispetto alla quale verificare esistenza ed effettività dell’iniziativa dell’interessato volta ad elidere detta situazione è quella ricavabile dalle normative vigenti nelle rispettive materie. Infatti, la Corte Costituzionale, chiamata a decidere della irragionevolezza della previsione dell’art. 2 comma 5 della L. 154/81 sul differimento al quinto giorno dell’efficacia delle dimissioni non accettate prima di chi sia in rapporto di servizio con la P.A., ha ritenuto tale differimento non comparabile con quella delle dimissioni presentate dai dirigenti o legali rappresentanti delle s.p.a., dovendo per costoro, come per altre categorie, applicarsi le normative vigenti nelle rispettive materie"…"che peraltro non è detto che siano più favorevoli nel senso dell’immediatezza o quanto meno della previsione di termini tassativi" (Corte Cost. sent. 5.7.91 n. 309).

In proposito è opportuno richiamare il consolidato orientamento della S.C., in base al quale "con riferimento alla ineleggibilità alla carica di consigliere comunale di un componente del consiglio di amministrazione di una società partecipata dal Comune a norma dell’art. 222 L. 8 giugno 1990 n. 142, la regola rilevante è quella posta dall’art. 2385 c.c. in base alla quale un amministratore di società partecipata dall’ente locale cessa dalla carica, ai fini in discorso, all’atto in cui gli organi indicati nel comma primo ricevano comunicazione scritta delle dimissioni" (Cass. 22 luglio 1997 n. 6854).

L’art. 2385 al primo comma in particolare prevede che l’amministratore che rinunzia all’ufficio deve darne comunicazione scritta al consiglio di amministrazione ed al presidente del consiglio sindacale e la rinunzia ha effetto immediatamente se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione o, in caso contrario, se la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito all’accettazione di nuovi amministratori".

Quel che rileva come condizione necessaria e sufficiente per integrare la situazione di cessazione prevista dalla norma è che l’atto di iniziativa dell’interessato abbia attitudine astratta ed effettività immediata a determinare tale cessazione e che la cennata regola iuris sia osservata nei limiti ed ai fini della formazione della certezza legale sulla rimozione tempestiva della situazione di turbativa della libera determinazione della volontà degli elettori (Cass. 14.4.97 n. 3193).

Tanto premesso, appare evidente che le dimissioni rassegnate dal Landi solamente in data 5 giugno 2001, come riconosciuto dallo stesso ricorrente nell’atto introduttivo, devono considerarsi tardive, tenuto conto che la presentazione delle candidature per le elezioni andava effettuata trenta giorni prima delle stesse, ai sensi dell’art. 32, comma tre, D.P.R. 16.5.60 n. 570, così come modificato dall’art. 4 legge 271/91.

Ricorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunziando, rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Napoli l’11 gennaio 2002

Il Presidente

Il Giudice est.

Depositato in cancelleria il 28 gennaio 2002

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